venerdì 5 febbraio 2016

36 Il pianeta Terra: l'idrosfera



IL PIANETA TERRA: L’IDROSFERA

Quando la Terra non si era ancora solidificata, non vi era acqua sulla sua superficie. Forse nell’atmosfera era già contenuta una certa quantità d’acqua, ma una parte sicuramente maggiore era disciolta nel magma. Con il progressivo raffreddarsi della superficie terrestre l’acqua presente nel magma fu espulsa, in particolare sotto forma di vapore acqueo, attraverso le eruzioni vulcaniche. Miliardi di anni fa la condensazione e la successiva precipitazione del vapore acqueo sotto forma di pioggia permisero la formazione dei mari.
L’emissione di vapore acqueo da parte dei vulcani continua: sappiamo ad esempio che il gas dei vulcani hawaiani contiene il 79% di acqua.

Il vulcano Kilauea, nelle isole Hawaii, mentre emette gas e vapore acqueo

L’acqua contiene numerosi sali: in origine soprattutto il cloro, ma poi anche altri, come il calcio, il magnesio, il sodio, il potassio. L’arricchimento di sali nell’acqua fu dovuto all’azione di fiumi e mari che sottraevano questi sali alle rocce.
L’acqua presente sulla Terra forma l’idrosfera, un involucro che riveste alcune parti del pianeta e ne assume in superficie la forma sferica. La maggior parte dell’acqua presente sulla Terra si trova negli oceani, i quali, come si è già detto in una lezione precedente, coprono il 70% della superficie terrestre. Una quantità importante di acqua è però presente sotto forma di ghiaccio, in particolare ai due poli e su alcune catene montuose. La quantità d’acqua presente negli oceani e nei ghiacciai ha subito nel corso della storia terrestre notevoli variazioni: nei periodi glaciali esistevano grandi calotte di ghiaccio che coprivano vaste aree dell’America, dell’Asia e dell’Europa settentrionali, oltre ad alcune catene montuose, quali le Alpi, il Caucaso e l’Himalaya. In questi periodi il livello degli oceani era basso, perché l’acqua era presente in maggior parte sotto forma di ghiaccio; quando i ghiacciai si sciolsero, il livello degli oceani salì. Il livello degli oceani è destinato a salire ancora nei prossimi anni, a causa del riscaldamento globale del nostro pianeta, che sta riducendo in molte zone l’estensione dei ghiacciai. Altra acqua, in quantità di gran lunga minore, si trova nei fiumi, nei laghi, nelle falde acquifere e nell’atmosfera, sotto forma di vapore.

Ghiacciaio sull’Himalaya

All’interno degli oceani e dei mari l’acqua varia, anche notevolmente, per temperatura, salinità e densità.
La temperatura superficiale dipende dal calore ricevuto dal Sole, e perciò dalla latitudine: le acque equatoriali sono solitamente più calde, quelle vicine ai poli più fredde, tanto che vaste aree gelano in inverno. Nel corso dell’anno la temperatura varia, ma solo di pochi gradi: da circa 2° all’equatore, fino ad un massimo di 6°-9° nella fascia temperata. Questa limitata escursione termica spiega l’influenza che il mare esercita sul clima delle regioni costiere; infatti la terra si raffredda e si riscalda molto più rapidamente dell’acqua marina. Va anche detto, però, che la vicinanza della costa influisce a sua volta sulla temperatura dell’acqua, tanto che in golfi e in mari interni si hanno escursioni termiche di gran lunga maggiori: 10°-12° nel mar Baltico, anche 20° nell’Adriatico, perfino 30° nel mar Giallo, lungo le coste dell’Asia.

Il mar Giallo in Cina

Le variazioni di temperatura si riducono man mano che si scende in profondità: a 2-3 metri di profondità l’escursione termica diurna è trascurabile; oltre i 100 metri non vi è più neppure un’escursione termica annua e la temperatura si mantiene costante per tutto l’anno. Di conseguenza nelle regioni temperate o equatoriali, dove in superficie l’acqua viene riscaldata dai raggi del Sole, la temperatura diminuisce man mano che si scende in profondità; invece nelle regioni polari, in inverno, quando la temperatura superficiale è così bassa che l’acqua gela, in profondità la temperatura è maggiore e l’acqua rimane allo stato liquido.

Un orso polare nuota sotto una crosta di ghiaccio

La salinità dell’acqua è il rapporto tra la massa di sale contenuta in una data quantità d’acqua e la quantità d’acqua stessa. In media è del 35‰, ma varia da mare a mare. In superficie la salinità è minima vicino alle foci dei fiumi, dove vi è un grande apporto di acqua dolce, e in alcuni mari interni soggetti a scarsa evaporazione per il clima freddo, come il mar Baltico, dove raggiunge valori vicini allo zero. Essa è invece maggiore in mari sottoposti ad una forte evaporazione: ad esempio in alcune aree del mar Rosso supera il 40‰.

L’elevata salinità del Mar Morto (in Israele) permette di galleggiare facilmente sulla superficie dell’acqua

La densità (ossia la massa per unità di volume) è strettamente collegata alla salinità, in quanto l’acqua è tanto più densa, quanto più contiene sali disciolti. Essa aumenta anche in relazione alla profondità del mare.
Le differenze di salinità, temperatura e densità sono all’origine delle correnti marine. Infatti l’acqua più densa tende a scendere in profondità e viene sostituita da acqua meno densa ed è proprio questo movimento che crea una corrente marina. Ma questo movimento non elimina le differenze esistenti, perché continuano ad agire le cause che le hanno originate, ossia il maggiore o minore riscaldamento solare, l’apporto di acqua dolce da parte dei fiumi, la maggiore o minore evaporazione e così via; per questo le correnti marine si mantengono costanti nel tempo, seguendo sempre uno stesso percorso.

Un'immagine della NASA con le correnti marine nell'oceano Atlantico settentrionale

Anche fattori esterni come il vento e le maree possono favorire la formazioni di correnti: il vento (in particolare gli alisei che soffiano in modo continuo) sono all’origine delle correnti di deriva, regolari, ma superficiali. Invece le maree provocano correnti periodiche, dette correnti di marea, che si manifestano ogni giorno per alcune ore e che si muovono anche in profondità e, soprattutto in aree dove la costa è frastagliata, possono essere molto forti: la disposizione delle coste e i rilievi del fondo marino possono deviare le correnti o bloccarle, per cui le acque in movimento bloccate in profondità tendono a risalire verso la superficie.
In alcuni casi questi fattori determinano delle maree di ampiezza eccezionale, come quelle che si manifestano nel Canale della Manica.


Una marea particolarmente eccezionale sulle coste della Piccardia (Francia, 2015)

Le correnti marine possono essere calde o fredde, a seconda della regione in cui hanno origine: dalle regioni polari provengono ovviamente correnti fredde, da quelle tropicali provengono correnti calde; esse conservano la loro temperatura anche a grande distanza dall’area di origine.


Pinguini nell’arcipelago delle Galapagos (Ecuador): la presenza di questi animali a latitudini prossime all’equatore si spiega con la presenza di correnti d’acqua fredda lungo la costa occidentale dell’America meridionale

La distribuzione delle correnti negli oceani è abbastanza regolare, anche se la diversa conformazione dei continenti provoca alterazioni più o meno notevoli nel loro percorso. In generale le correnti circolano in senso orario nell’emisfero boreale, in senso antiorario nell’emisfero australe.
Le correnti esercitano una forte influenza sul clima, perché spostano grandi masse d’acqua a temperatura assai diversa da quella delle acque circostanti. È il caso della corrente del Golfo, che riesce a mitigare il clima dell’Europa settentrionale; oppure della corrente fredda del Labrador, che bagna le coste nord-orientali dell’America e rende assai più freddo il clima di queste regioni, tanto che la città di New York (che pure si trova alla stessa latitudine di Napoli) ha un clima molto più rigido, con temperature che scendono frequentemente sotto lo zero in inverno.


Bufera di neve a New York nel gennaio 2016

La presenza di correnti è anche determinante per la flora e la fauna marine: dove si incontrano correnti fredde e calde, o dove vi sono correnti ascensionali che portano in superficie forti quantità di sostanze nutritive presenti in profondità, si creano condizioni ambientali particolarmente favorevoli alla vita di organismi vegetali e animali. Queste aree, in cui la fauna marina è abbondante, costituiscono le migliori zone di pesca.
Come le onde e le maree (vedi la lezione IL MARE E LA COSTA), le correnti sono importanti fattori di erosione costiera e di modellamento delle coste: esse infatti trasportano, anche a grande distanza, i detriti che si staccano dal fondo marino e quelli trascinati dai fiumi nel loro corso.


Spettacolari forme di erosione sulle coste dell’Australia

Le acque che scendono sulle terre emerse sotto forma di pioggia o di neve vengono assorbite dal terreno oppure scorrono in superficie sul suolo e si raccolgono in torrenti, fiumi e laghi: formano cioè le acque interne dei continenti (vedi la lezione LE ACQUE INTERNE).
Non tutte le regioni del nostro pianeta sono ugualmente ricche di acque interne: vi sono, ad esempio, ampie zone prive di fiumi, perché la piovosità è molto scarsa o l’evaporazione molto forte; esse sono chiamate zone areiche, termine derivato dal greco e che significa “prive di scorrimento [di acque]”.


Il deserto del Gobi (Mongolia) è una ampia zona areica

In altre regioni sono presenti fiumi, che però non raggiungono il mare, ma sfociano in laghi chiusi, privi di emissario: queste regioni sono dette endoreiche (letteralmente “con scorrimento interno”). Le regioni infine in cui scorrono fiumi che sfociano in mare sono dette esoreiche (“con scorrimento verso l’esterno”).


Veduta aerea sul lago Ciad, con un’ampia distesa circostante di dune in parte sommerse dal fiume immissario; il lago Ciad sorge infatti in una zona endoreica

In Europa prevalgono le regioni esoreiche e l’unica regione endoreica è il bacino della Volga. In altri continenti, invece, vi sono vaste regioni endoreiche o areiche, come gran parte dell’Africa settentrionale, dell’Australia e dell’Asia centrale.
La distribuzione e la portata dei fiumi presenti sulla superficie terrestre dipendono soprattutto dalle precipitazioni e dalla presenza di ghiacciai e montagne. Le regioni a clima arido, come l’interno dell’Australia o l’Africa settentrionale, sono povere di fiumi: qui le piogge improvvise possono formare torrenti che scorrono impetuosi per alcune ore, ma che si esauriscono con la stessa rapidità con cui si sono formati. I rari fiumi che attraversano queste regioni, come il Nilo che scorre nel deserto del Sahara, provengono da altre regioni, più ricche d’acqua.


Un letto in secca nel deserto della Namibia si è riempito d’acqua dopo una forte precipitazione

Le regioni a clima umido, come l’Africa e l’America equatoriali, sono invece ricche di fiumi, i quali possono avere una portata costante, se sono alimentati da ghiacciai o se le piogge sono distribuite lungo tutto il corso dell’anno; se piove soltanto in una stagione, il regime del fiume diventa di conseguenza molto irregolare.
La lunghezza dei fiumi dipende dall’estensione delle terre emerse e dalla posizione delle montagne da cui hanno origine. In Asia, dove le principali catene montuose si trovano nelle zone centrali del continente, scorrono molti tra i fiumi più lunghi della Terra, quali i fiumi siberiani Ob, Jenisej e Lena, o quelli cinesi, Huang He (o Fiume Giallo) e Chiang Jiang (o Fiume Azzurro): prima di arrivare al mare tutti questi fiumi percorrono infatti grandi distanze. In America, dove la principale catena montuosa si trova a poca distanza dalla costa dell’oceano Pacifico, i fiumi che scendono verso questo oceano hanno percorso relativamente brevi; al contrario i fiumi che scendono verso l’oceano Atlantico, come il Mississippi e il Rio delle Amazzoni, sono tra i più lunghi del mondo.


Veduta aerea sul Rio delle Amazzoni

Sulla Terra troviamo due tipi di laghi: i laghi di acqua dolce, che sono solitamente dotati di un emissario, oltre che di un immissario, e i laghi salati o chiusi, che possono ricevere l’acqua di immissari, ma sono privi di emissari e si trovano perciò in zone endoreiche. Sono laghi d’acqua dolce tutti i grandi laghi nord-americani, mentre sono laghi chiusi molti grandi laghi asiatici, che sono talvolta chiamati mari, come il mar Caspio e il lago d’Aral.
I laghi sono di diversi tipi a seconda della loro origine: esistono
- laghi di origine glaciale, come i grandi laghi alpini e altri, di solito di dimensioni più modeste


Il lago glaciale Flathead nel Montana (U.S.A.)

- laghi di origine vulcanica


Il lago vulcanico Cheonji (letteralmente Lago del Cielo) tra Corea del Nord e Cina

- laghi che si sono formati in lagune rimaste isolate dal mare (sono detti laghi costieri)


Il lago costiero di Sabaudia (Italia)

- laghi che riempiono fratture create dal movimento delle zolle continentali, come i grandi laghi africani (Vittoria, Tanganika, Malawi) che si trovano nella Rift Valley e sono in genere molto profondi


Veduta del lago Tanganica presso la costa della Repubblica Democratica del Congo

- laghi di origine tettonica (dovuti ai movimenti della crosta terrestre), che sono quanto rimane di antichi mari un tempo assai più estesi (ad esempio, il mar Caspio e il lago d’Aral un tempo facevano parte del mare Sarmatico, che si estendeva dall’Ungheria fino all’Asia centro-occidentale)


Veduta satellitare del mar Caspio

- laghi artificiali, creati dall’uomo sbarrando corsi d’acqua con dighe, con lo scopo di produrre energia elettrica o di ottenere serbatoi d’acqua da usare per l’irrigazione (come il lago ottenuto sul Nilo con la diga di Assuan, o sullo Zambesi con la diga di Kariba).


Il grande bacino artificiale creato in Egitto con la diga di Assuan (foto satellitare)

L’azione dell’uomo può portare alla scomparsa dei laghi. Uno dei maggiori laghi del mondo, il lago d’Aral, sta scomparendo perché l’acqua dei suoi due affluenti viene utilizzata per l’irrigazione delle aree semidesertiche dell’Asia centrale: dagli anni Sessanta del XX secolo la profondità del lago è passata da oltre 50 metri a 40, la superficie da oltre 65.000 kmq a 17.000 kmq.


Il lago d’Aral ripreso da satellite nel 2000 (a sinistra) e nel 2014 (foto prese da Focus.it)

Un lago può ridursi anche per cause naturali, ad esempio perché l’evaporazione è maggiore della quantità d’acqua fornita dagli immissari. Molti laghi sono soggetti a grandi variazioni di livello, come il lago Ciad in Africa o i laghi australiani.
Come i fiumi, così i laghi non sono distribuiti in modo uniforme: essi sono più numerosi in alcune aree, in relazione alla storia geologica. Per esempio le regioni che durante le glaciazioni furono coperte da calotte di ghiaccio sono spesse ricche di laghi, perché quando i ghiacciai si sciolsero una parte dell’acqua accumulata riempì le cavità scavate dai ghiacci: è il caso dei laghi finlandesi e di quelli canadesi.


Veduta aerea su un gruppo di laghi dei Territori del Nord-Ovest canadese

Oltre ai laghi, i maggiori bacini di raccolta di acqua dolce superficiale sono le zone umide, ambienti ricchissimi di vita animale e vegetale, per i quali nel 1971 è stata firmata la Convenzione internazionale di Ramsar con lo scopo di tutelarle.
La superficie delle zone umide varia nel corso dell’anno in base al regime dei corsi d’acqua che le alimentano. Alcune di esse si trovano lungo i grandi delta fluviali, come quello del Mississippi; altre, e sono la maggior parte, all’interno dei continenti, dove le acque fluviali non riuscendo a rifluire verso il mare hanno inondato vaste regioni. La maggiore zona umida al mondo è il Pantanal, che si estende nel Mato Grosso brasiliano fino alla Bolivia e l’Uruguay nel bacino superiore del fiume Paraguay. Molto vaste sono anche le Everglades della Florida e il delta dell’Okavango, un fiume dell’Africa meridionale che non giunge al mare, ma che si disperde all’interno del deserto del Kalahari formando, nei periodi di massima piena, una vasta palude.


Il Delta dell’Okavango (Botswana)

Una parte dell’idrosfera è formata da ghiacci: essi sono distinti in ghiacci terrestri (o continentali) e ghiacci oceanici.
Il 90% dei ghiacci continentali si trova in Antartide, dove si ha uno strato continuo di ghiaccio con uno spessore medio di 2.000 metri e punte di 4.000 metri. Anche la Groenlandia è ricoperta da una grande massa di ghiaccio, con uno spessore di circa 1.500 metri. Al di fuori dell’Antartide e della Groenlandia non troviamo più calotte di ghiaccio di grandi dimensioni, a parte alcune aree dell’Islanda e della Norvegia.


Ghiacci in Antartide

Sulle catene montuose troviamo invece dei ghiacciai che si muovono lentamente da monte a valle e hanno un’estensione assai più limitata: globalmente costituiscono meno dell’1% dei ghiacci continentali. I ghiacciai sono presenti nelle aree a clima più freddo, perciò nelle regioni più vicine ai poli, quali le estremità settentrionale e meridionale dell’America, dove si trovano anche a livello del mare. Invece nelle regioni più vicine all’equatore sono presenti solo ad alta quota, sulle principali montagne: gli unici ghiacciai africani, di ridottissima estensione, si trovano sui grandi monti vulcanici, come il Kilimangiaro, che s’innalza assai vicino all’equatore.


Il ghiacciaio Upsala (Argentina), uno dei più grandi del Sud America

L’estensione dei ghiacciai terrestri varia nel tempo: vi sono periodi, come quello attuale, in cui essi tendono a ridursi, perché il clima è più caldo, e altri in cui essi si estendono, perché il clima si raffredda. Sappiamo che nell’ultimo milione di anni si ebbero diverse glaciazioni, durante le quali si formarono calotte di ghiaccio che coprirono ampie regioni dell’emisfero settentrionale.
In mare si trovano ghiacci formatisi per il congelamento dello strato superficiale dell’acqua marina: sono detti ghiacci oceanici e sono diversi da quelli continentali perché contengono una certa quantità di sale. Essi si trovano in prossimità dei poli: in inverno il mar Glaciale Artico è interamente ricoperto dal pack, o banchisa, uno strato di ghiaccio che ha uno spessore medio di tre-quattro metri, e uno strato analogo, dello spessore di un metro, si trova intorno all’Antartide. L’estensione di questi ghiacci varia a seconda delle stagioni: in inverno la banchisa artica forma un’unica distesa che unisce le coste settentrionali dell’America e dell’Asia; in estate i ghiacci si sciolgono in parte, liberando vasti tratti di mare. Durante il disgelo frammenti della banchisa si muovono, spinti dalle correnti, e possono percorrere grandi distanze.


Banchisa nel Mar Glaciale Artico

Non tutto il ghiaccio presente in mare ha origine oceanica: vi sono anche blocchi staccatisi dai ghiacciai che terminano in mare, oppure che vengono trascinati dai fiumi siberiani nel periodo del disgelo.
Le grandi masse di ghiaccio galleggiante vengono chiamate iceberg, qualunque sia la loro origine.
Gli iceberg emergono solo per 1/9 del loro volume: la parte che rimane sommersa (e che non è immaginabile dalla semplice osservazione della parte emersa) costituisce un grave pericolo per la navigazione. Essi infatti si muovono molto lentamente, percorrendo pochi chilometri al giorno, ma se la visibilità è scarsa, per esempio a causa della nebbia, una nave che si muove a 20-40 chilometri all’ora può facilmente urtarli: per questo motivo esistono servizi di avvistamento degli iceberg, come lo statunitense NIC (National Ice Center), che, avvalendosi anche delle informazioni fornite dai satelliti artificiali, garantiscono una navigazione sicura. Non era così nel 1912, quando un iceberg provocò l’affondamento del celebre Titanic.



Un iceberg al largo della costa della Groenlandia


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