IL
SETTORE SECONDARIO E IL PAESAGGIO INDUSTRIALE
Il
settore secondario comprende due diverse attività – l’artigianato e l’industria
– praticate dall’uomo da tempi molto differenti: infatti l’artigianato è nato
5.000 anni fa o anche prima, se consideriamo artigiani quegli uomini
preistorici che lavoravano la pietra o l’osso per ricavarne oggetti per la
caccia o per la vita quotidiana, per non parlare dei primi metalli che si
imparò a forgiare; mentre l’industria è nata solo 250 anni fa, un tempo
relativamente breve ma nel quale il modo di vivere dell’umanità è profondamente
cambiato.
Cottura della
ceramica durante il Neolitico
Lavoro in una
fabbrica inglese del XVIII secolo
L'ARTIGIANATO
Tralasciando
le attività artigianali dell’Età Antica, è l’artigianato del Basso Medioevo il
più simile a quello attuale.
La
ripresa dell’economia che si manifestò in Europa a partire dall’anno Mille
riempì le città di botteghe artigiane, che caratterizzarono i centri urbani
grandi e piccoli fino al 1800 circa e che, sia pure in forme diverse, possiamo
trovare ancora oggi.
Una
bottega artigiana medievale occupava generalmente il piano terreno di una casa:
mentre nei piani superiori viveva l’artigiano con la sua famiglia e, spesso,
con gli apprendisti che lo aiutavano nel lavoro, al piano terra una o due
stanze venivano usate proprio per l’attività artigianale. Una finestra dava
sulla strada, non solo per dare luce alla bottega, ma anche per permettere
all’artigiano di esporre i suoi prodotti, in modo che chi passava potesse
vederli e, se gli piacevano o gli servivano, comprarli: spesso, infatti, la
bottega era anche un luogo di vendita al dettaglio.
Artigiani
medievali erano i fabbri che costruivano coltelli e forbici, i calzolai che
fabbricavano scarpe e stivali, i sarti che facevano i vestiti su misura per il
cliente, i falegnami che producevano sedie e mobili di ogni tipo, i vasai che
fabbricavano vasi e bicchieri, i sellai che preparavano le selle per i cavalli,
e così via.
Disegno ricostruttivo
di una bottega con il piano terra e il primo piano adibito ad abitazione
Disegno ricostruttivo
dell’interno della bottega di un vasaio medievale
Oggi
una bottega di questo tipo esiste solo occasionalmente: nelle città e nei paesi
europei possiamo trovare ancora il calzolaio che ripara le scarpe, l’arrotino
che affila forbici e coltelli, il gioielliere che ripara orologi o che
costruisce da sé gioielli di vari tipi, o il barbiere-parrucchiere che taglia i
capelli. Di solito però la bottega si è trasformata in laboratorio artigianale,
dove si producono oggetti su misura o in piccola serie, oppure dove si fanno
riparazioni.
Possiamo
così avere il laboratorio del falegname, che produce arredamenti per singoli
clienti o per negozi; del fabbro che lavorando il ferro produce cancelli e
recinzioni su misura; del pellettiere che produce borse, cinture, portamonete;
del marmista che appronta lastre di marmo per pavimenti domestici o per i
cimiteri; del vetraio che fabbrica soprammobili in vetro o specchi; del
meccanico che ripara biciclette, moto e automobili; del costruttore edile che
fornisce quanto è necessario alla costruzione di una casa, eccetera.
In
Italia (ma non solo) oggi vengono considerati artigiani anche lavoratori di
altro tipo: ad esempio i panificatori, i gelatai, i pasticceri, i taxisti, gli
estetisti e coloro che eseguono tatuaggi e piercing, i sarti, i piastrellisti,
i tipografi, i giardinieri, i pittori edili, i fotografi, i pubblicitari, o chi
produce formaggi, cappelli, abbigliamento sportivo, saponi e detergenti,
vernici, giocattoli, calzature in gomma. L’elenco degli artigiani, in realtà, è
molto lungo.
Due esempi di laboratori
artigianali a Venezia: in alto, un laboratorio per la produzione di maschere in
cartapesta e, sotto, per la fabbricazione di oggetti in vetro a Murano
Questi
laboratori si trovano generalmente in zone cosiddette industriali (vedi il
paragrafo IL PAESAGGIO INDUSTRIALE più avanti) e sono realizzati dentro
capannoni, all’interno dei quali ci sono i magazzini per le materie prime, le
macchine usate per la lavorazione, il deposito del prodotto finito. Nei
laboratori lavorano fino a 15 operai (tra cui quasi sempre il titolare
dell’azienda e alcuni familiari): se i lavoratori sono più di 15, l’attività
non è più considerata artigianale, bensì industriale.
Un capannone
prefabbricato
L’INDUSTRIA
L’industria
è nata in Inghilterra nel Settecento: la presenza di miniere di carbone,
l’invenzione della macchina a vapore e di macchinari in metallo capaci di fare
un lavoro prima fatto a mano dall’uomo, lo spirito d’iniziativa dei borghesi
arricchiti si combinarono nel dar vita a quella che viene chiamata prima
rivoluzione industriale e che riguardò inizialmente soprattutto il settore
tessile.
Nell’Ottocento
nuove invenzioni nei settori chimico e metallurgico e la scoperta dell’energia
idroelettrica provocarono la nascita della seconda rivoluzione industriale, che
si diffuse progressivamente in alcuni Paesi europei (e anche negli Stati Uniti
d’America) e che portò al formarsi di grandi complessi industriali, così
potenti da creare dei monopoli e quindi di controllare l’intero mercato.
Interno di una
fabbrica della prima rivoluzione industriale
Nella
seconda metà del Novecento l’applicazione dell’elettronica alle lavorazioni industriali
e la diffusione delle tecnologie che chiamiamo comunemente informatiche (dai
primi calcolatori industriali ai moderni personal computer di vario tipo) hanno
portato alla terza rivoluzione industriale, che è ancora in corso e che si sta
sviluppando in nuove direzioni, quali la robotica e l’impiego dei droni.
Le
nuove tecnologie hanno provocato una sempre maggiore automazione del lavoro,
ossia all’uomo si sostituiscono sempre più le macchine, in tutte le fasi della
produzione, dall’ideazione al controllo del prodotto finito.
L’automazione
richiede grandi investimenti iniziali e una grande quantità di energia, perché
le macchine sono molto costose e sono in funzione giorno e notte.
L’automazione, però, presenta diversi vantaggi. Innanzitutto garantisce che il
lavoro sia svolto in modo continuativo e sempre uguale: mentre l’operaio che
esegue un lavoro può, per stanchezza, noia, distrazione, commettere errori, la
macchina esegue ogni operazione senza variare e senza interrompersi. Inoltre
l’automazione permette di risparmiare i costi della manodopera, perché la
macchina, pur richiedendo una continua manutenzione e pur consumando energia,
non riceve un salario, non si ammala, non ha diritto alle ferie e non sciopera.
L’automazione
ha fatto calare il numero di operai impiegati nelle industrie, in particolare
di quelli non qualificati, cioè senza una preparazione professionale specifica;
è aumentata, invece, la richiesta di manodopera specializzata, per cui oggi è
necessario per entrare nel mondo industriale una maggiore professionalità e ciò
obbliga il giovane a impegnarsi nello studio, meglio se in una scuola con
insegnanti e programmi all’altezza dei compiti della società moderna.
Una fabbrica di robot
in Germania: non può che essere automatizzata!
La
competitività – che è una caratteristica del mondo attuale – ha bisogno inoltre
di sempre nuove mansioni, capaci di imporsi e di produrre oggetti che siano
“vincenti”. Per questo gli investimenti nella ricerca e nel rinnovamento
tecnologico sono fondamentali: il rischio per chi non investe in questi settori
è quello di produrre oggetti superati, o inferiori per qualità, o a costi più
elevati, con conseguente fallimento. Quando un’industria fallisce ed è
costretta a chiudere, può essere acquistata da un’industria in espansione, la
quale trasforma gli impianti e li utilizza per aumentare la propria produzione.
Anche
se oggi in tutta Europa sono presenti molte industrie, non possiamo definire il
nostro continente tutto industrializzato allo stesso modo. La presenza delle
industrie dipende da diversi fattori:
-
la disponibilità di fonti di energia e di materie prime
-
la possibilità di commercio
-
le vicende storiche, che hanno creato regioni più ricche di altre o che, come
nel caso dei Paesi a regime comunista, hanno posto lo Stato (e non la proprietà
privata) a controllare in maniera rigida la produzione industriale.
Per
questo in Europa si possono distinguere due regioni:
-
le regioni molto industrializzate, in cui il livello tecnologico è alto
(sostanzialmente l’Europa centro-occidentale: Francia, Germania, Regno Unito,
Paesi Bassi, Belgio, Italia settentrionale)
-
le regioni con minore produzione industriale e di più basso livello tecnologico
(l’Europa meridionale e l’Europa centro-orientale).
Questa
distinzione va ulteriormente spiegata: esiste un fenomeno – chiamato
deindustrializzazione – che riguarda in particolare proprio l’Europa
occidentale, ossia quella più industrializzata, e che consiste in un aumento
della produzione e in una diminuzione degli occupati. Ciò si spiega non solo
con lo sviluppo dell’automazione, di cui si è parlato prima, ma anche con altri
motivi: per esempio con la delocalizzazione, ossia il trasferimento di impianti
industriali dell’Europa occidentale nei Paesi dell’Est europeo o addirittura in
nazioni extraeuropee. Poiché in questi Paesi la manodopera costa di meno, le
materie prime sono a più buon mercato, la forza-lavoro è più qualificata e le
tasse sono meno elevate, molti industriali hanno preferito trasferire in
Polonia, nella Repubblica Ceca, in Slovacchia, in Ungheria o in Romania i loro
stabilimenti; si tratta di scelte conseguenti anche alle leggi (o alla mancanza
di leggi) industriali dei politici occidentali, non sempre pronti o capaci di
difendere il lavoro nel proprio Paese.
Fabbrica
dell'italiana FIAT in Polonia
È
interessante, a tal proposito, osservare i dati della seguente tabella:
PAESE
|
ADDETTI AL SETTORE SECONDARIO
|
Belgio
|
20%
|
Bulgaria
|
33%
|
Francia
|
23%
|
Germania
|
26%
|
Grecia
|
22%
|
Italia
|
30%
|
Lituania
|
29%
|
Moldavia
|
21%
|
Paesi
Bassi
|
17%
|
Polonia
|
27%
|
Regno
Unito
|
17%
|
Repubblica
Ceca
|
40%
|
Romania
|
31%
|
Russia
|
29%
|
Slovacchia
|
39%
|
Slovenia
|
38%
|
Ungheria
|
32%
|
Le
industrie sono di tipo molto diverso; le distinzioni che possiamo fare
riguardano:
-
la produzione
-
le dimensioni
-
i materiali usati
-
le tecniche di produzione.
Per
quanto riguarda la produzione delle singole industrie si possono catalogare
alcuni tipi principali:
SETTORE
INDUSTRIALE
|
COSA
PRODUCE
|
Industria
metallurgica
|
Metalli
di vario tipo (di base e preziosi)
|
Industria
siderurgica
|
Ferro
e leghe con alto contenuto di ferro, tra cui l’acciaio e la ghisa
|
Industria
metalmeccanica
|
Macchine
di vario uso (macchine agricole, macchinari per le industrie, macchine
tessili, ecc.)
|
Industria
automobilistica
|
Veicoli
a motore
|
Industria
ferroviaria
|
Treni
e locomotive
|
Industria
navale
|
Imbarcazioni,
navi, transatlantici, yacht
|
Industria
aerea
|
Aerei
e velivoli di vario tipo
|
Industria
elettromeccanica
|
Macchine
elettriche ed elettrodomestici
|
Industria
calzaturiera
|
Scarpe
e calzature di ogni tipo
|
Industria
tessile
|
Fibre
tessili vegetali, animali o artificiali
|
Industria
dell’abbigliamento
|
Capi
d’abbigliamento di qualsiasi tipo
|
Industria
alimentare
|
Qualsiasi
prodotto commestibile trasformato ricavato da agricoltura, zootecnia e pesca
|
Industria
ittica
|
È
il settore dell’industria alimentare che trasforma i prodotti della pesca
|
Industria
del legno e della carta
|
Prodotti
ricavati dalla silvicoltura (legname, mobili, parquet per pavimenti, carta,
fiammiferi, ecc.)
|
Industria
editoriale
|
Giornali,
riviste, libri, ecc.
|
Industria
cosmetica
|
Prodotti
per la bellezza e l’estetica, l’erboristeria, la profumeria, l’acconciatura,
ecc.
|
Industria
chimica
|
Composti
chimici come il benzene e il propilene, o plastica, coloranti, colle,
vernici, inchiostri, dolcificanti, adesivi, saponi, detersivi, esplosivi,
fertilizzanti e molto altro
|
Industria
farmaceutica
|
È
il sotto-settore dell’industria chimica che produce vari tipi di farmaci
|
Industria
petrolchimica
|
È
il sotto-settore dell’industria chimica che ottiene prodotti dalla
lavorazione del petrolio o dei gas naturali: in particolare le materie
plastiche (e gli oggetti in plastica), la gomma sintetica, le fibre tessili
sintetiche e i fertilizzanti azotati
|
Industria
petrolifera
|
Benzina,
gasolio, cherosene, nafta, butano, propano, olio per motori, bitume, asfalto
|
Industria
della meccanica di precisione
|
Orologi,
cronografi, macchine fotografiche, apparecchiature mediche, ecc.
|
Industria
delle telecomunicazioni
|
Telefono,
radio, televisione
|
Industria
informatica
|
Computer,
cellulari, tablet, ecc.
|
Industria
aerospaziale
|
Veicoli
aerei che operano nell’atmosfera e nello spazio extra-atmosferico
|
Industria
bellica
|
Armi
di tutti i tipi
|
La
navicella spaziale Sojuz (qui al Cosmodromo di Baikonur in Kazakistan) è stata
progettata dall’industria aerospaziale della Russia
Per
quanto riguarda le dimensioni si distinguono le grandi industrie dalle medie e
piccole industrie.
In
Europa ci sono molte grandi industrie, le quali hanno la sede principale (o
centrale) in uno Stato e fabbriche anche in altre Nazioni: per questo si
chiamano multinazionali. Sono industrie o gruppi di industrie (poiché spesso si
tratta di aziende associate con altre aziende, che producono parti diverse di
un “oggetto” che va assemblato) che hanno un enorme giro d’affari, cioè una
grande quantità di prodotto venduto (calcolato non in numero di pezzi, bensì in
moneta guadagnata); queste grandi industrie danno lavoro a migliaia di
dipendenti in Stati diversi, ma la maggior parte dei profitti realizzati va a
vantaggio del Paese in cui si trova la sede principale (che di solito è un
Paese dell’area più industrializzata).
Le
industrie di medie e piccoli dimensioni hanno un numero minore di dipendenti, i
loro prodotti hanno una distribuzione più limitata (cioè non vengono venduti in
tutto il mondo o in molti Paesi) e si trovano in tutti gli Stati europei.
Per
quanto riguarda i materiali usati si distinguono gli impianti di base dalle
industrie di trasformazione.
Gli
impianti di base (presenti negli Stati ricchi di materie prime) sono industrie
nelle quali si producono le materie prime utilizzate dalle altre industrie; a
volte gli impianti di base attuano una prima trasformazione delle materie
prime, producendo i cosiddetti semilavorati. Sono impianti di base:
-
le industrie petrolchimiche, che producono materie plastiche in granuli
-
i cementifici, che producono cemento dall’argilla e dal calcare
-
le raffinerie, che usano il petrolio greggio per produrre benzina, nafta,
cherosene
-
le siderurgie, che usano i minerali di ferro per produrre lamiere e tubi
d’acciaio.
Le
industrie di trasformazione usano le materie prime prodotte o semilavorate
dagli impianti di base, per ottenerne prodotti di qualunque tipo (vedi la
tabella precedente). A volte il prodotto così ottenuto è finito e può essere
venduto: ad esempio un’industria alimentare che produce la scatola di pasta, la
bottiglia dell’olio, il vasetto di yogurt.
Altre
volte il prodotto ha bisogno di un’ulteriore trasformazione prima di essere
commercializzato: ad esempio l’industria tessile che produce una stoffa, che
poi un’industria dell’abbigliamento trasforma in pantaloni, cappotti, maglioni.
Industria siderurgica
in Turchia
Per
quanto riguarda le tecniche di produzione si distinguono le industrie
tradizionali da quelle ad alta tecnologia.
Per
industrie tradizionali si intendono quelle industrie che esistono da molto
tempo e che producono oggetti entrati ampiamente nella vita quotidiana: le
industrie dell’abbigliamento, alimentari, chimiche, meccaniche eccetera sono
tutte tradizionali ed usano una tecnologia ormai consolidata, anche se
bisognosa di continui ammodernamenti.
Le
industrie ad alta tecnologia sono quelle innovative nei macchinari usati, ma
anche nei prodotti che vengono studiati e realizzati: i settori aerospaziali,
informatico, delle biotecnologie, dei treni ad alta velocità, dei robot, laser,
fibre ottiche, satelliti, fanno tutti parte delle industrie ad alta tecnologia.
Industrie nei Paesi
Bassi
IL
PAESAGGIO INDUSTRIALE
Fin
dal Settecento la nascita delle industrie in Inghilterra ha comportato la
costruzione di fabbriche, ossia di grandi edifici, cha hanno profondamente
trasformato il paesaggio.
Le
fabbriche sorgevano inizialmente in maniera caotica, anche all’interno delle
città, ovunque ci fosse dello spazio a disposizione; poi con il tempo si cercò
di costruirle vicino ad una miniera di carbone e nei pressi di un corso
d’acqua, da poter usare per il trasporto di materie prime e merci. In seguito
all’invenzione della locomotiva, le ferrovie poterono sostituire le
imbarcazioni per lo stesso scopo. Frequentemente attorno alle fabbriche
venivano costruite le case degli operai: si formavano così dei quartieri
industriali, molte volte piuttosto degradati, là dove da secoli esistevano
campi o foreste.
Attorno
alla metà del XX secolo per i lavoratori delle industrie vennero costruiti dei
quartieri operai, spesso fatti di grandi palazzi anonimi e tutti uguali, nelle
periferie delle città; raramente i quartieri operai erano armoniosi e dotati di
verde e di servizi.
in una locale
fabbrica di scarpe
Oggi
le abitazioni degli operai e di tutti coloro che lavorano nelle industrie non
sorgono necessariamente vicino alle fabbriche, dato che si preferisce abitare
in un centro urbano possibilmente tranquillo. Invece per le industrie vere e
proprie, o per i laboratori artigianali, si costruiscono le cosiddette zone
industriali, in apposite aree lontane dai centri abitati, formate da lunghe
file di capannoni, disposti in serie l’uno accanto all’altro, ognuno con il
piazzale per la sosta e la manovra degli autocarri che caricano e scaricano le
merci e con il parcheggio per le vetture dei dipendenti. All’esterno di questi
capannoni possono esserci delle cisterne per le materie prime e dei tubi
metallici per la lavorazione. Il capannone è sempre circondato e protetto da un
muro di cinta o da una recinzione metallica.
Diverso
è il paesaggio formato dagli impianti di base, che sorgono spesso all’estrema
periferia della città o lungo le coste.
L’esterno
è visibile da molto lontano, perché è formato da torri metalliche anche molto
alte, da cisterne e da depositi, collegati tra loro da fasci di tubi di tutte
le dimensioni e molto lunghi. Poiché l’impianto di base funziona a ciclo
continuo, 24 ore al giorno, di notte l’esterno viene illuminato da migliaia di
lampade, che rendono ancor più evidenti i fumi e i vapori scaricati
nell’atmosfera.
Tutto
attorno asfalto e cemento si estendono per chilometri: strade che portano negli
stabilimenti i camion con le merci e i dipendenti con la propria vettura o con
i mezzi pubblici, piazzali per le merci, depositi e magazzini, parcheggi,
circondano queste industrie, che sembrano delle moderne cattedrali, vaste,
rumorose e inquinate.
In
molte parti d’Europa si trovano aree industriali dismesse: a volte esse vengono
lasciate in abbandono, con gli edifici cadenti e le tubature arrugginite; altre
volte vengono recuperate e salvaguardate, o per farne in uso diverso, oppure
come esempi di archeologia industriale e quindi trasformate in musei
all’aperto, in ricordo di un’attività che ha interessato milioni di individui e
che è cambiata enormemente nel giro di qualche decennio.
Un esempio di
archeologia industriale divenuto patrimonio dell’Unesco