Quando un giorno un agente di
frontiera chiese al famoso scienziato Albert Einstein a quale razza
appartenesse, egli rispose: «Alla razza umana».
Sebbene gli esseri umani si
distinguano per alcune caratteristiche somatiche (colore della pelle, colore e
forma degli occhi, colore dei capelli, statura e sviluppo delle membra e così
via), l’esame del DNA (l’acido desossiribonucleico che si trova nel nucleo
delle cellule ed è portatore dei caratteri ereditari delle persone) ha
dimostrato che apparteniamo tutti alla stessa specie, l’Homo sapiens sapiens, che
apparve sulla Terra circa 300.000 anni fa in Africa. Mentre altri gruppi di
uomini preesistenti scomparvero, l’Homo
sapiens sapiens si diffuse in tutto il pianeta, per cui oggi la popolazione
umana ha più del 99% delle sequenze del DNA identico.
Il DNA umano
Ciò significa che dal punto di
vista genetico tutti gli uomini appartengono a un’unica specie: le
caratteristiche somatiche differenti tra le persone sono dovute al fatto che
gli uomini hanno sviluppato tali caratteristiche per adattarsi meglio al
proprio ambiente di vita. Per esempio le popolazioni che vivevano nelle regioni
intertropicali scurirono il colore della pelle, perché le radiazioni solari
sono qui particolarmente intense e una pelle scura costituisce una difesa
contro le ustioni e alcune forme di tumori. Questo adattamento si verificò del
tutto indipendentemente in popolazioni che non avevano contatti tra di loro,
quali gli abitanti dell’Africa centro-meridionale e le popolazioni del Deccan
indiano, gli indigeni della Melanesia e i negritos delle Filippine.
Tre diverse persone di pelle scura
Oppure, per fare un altro
esempio, gli uomini che vivono in alta montagna, dove le temperature sono
basse, presentano di solito una statura bassa, perciò la loro superficie
corporea è più ridotta e così essi disperdono una minore quantità di calore.
Spesso hanno anche la cassa toracica e i polmoni meno sviluppati, perché l’aria
è meno densa e occorre respirarne di più, per poter assorbire l’ossigeno
necessario, e hanno anche un maggior numero di globuli rossi nel sangue. Anche
la bassa statura dei Pigmei sembra essere una forma di adattamento all’ambiente
in cui vive questa popolazione.
Due uomini di bassa statura: un tibetano e un pigmeo del Rwanda
Gli studiosi non sono riusciti
ancora a spiegare l’origine di tutte le caratteristiche somatiche presenti
nelle popolazioni attuali: ad esempio perché cinesi e giapponesi hanno
l’epicanto (o plica mongolica), ossia la piega della pelle che dà a queste
popolazioni la forma “a mandorla”? Secondo alcuni essa si formò per un
adattamento alla forte luce riflessa dai ghiacciai, nel periodo in cui il
territorio di queste popolazioni era circondato da calotte glaciali; secondo
altri era una forma di protezione contro i venti freddi della Siberia, dove
ebbe origine il gruppo cosiddetto mongolico.
Due donne dell’Asia orientale: a sinistra una cinese, a destra una
giapponese
Se a questo aggiungiamo il fatto
che nel corso dei secoli la maggior parte dei gruppi umani si sono incontrati e
mescolati, capiamo che parlare di “razze umane” oggi non ha più alcun senso o
validità scientifica. Suddividere gli uomini in razze differenti, sulla base di
caratteristiche fisiche nettamente distinte e magari attribuendo a loro – come
si è fatto in passato – un differente livello di intelligenza e di moralità,
significa solo alimentare il razzismo, un comportamento che in passato è
servito unicamente a giustificare la dominazione o l’annientamento di
popolazioni ritenute nemiche.
Nessuno scienziato ormai accetta
una classificazione risalente all’Ottocento, che distingueva quattro razze
principali, all’interno delle quali esistono altre diversità:
- europoide o caucasica: la
cosiddetta “razza bianca”, diffusa in Europa e nei continenti europeizzati
(America e Australia), nell’Asia occidentale e nell’Africa mediterranea (e
comprendente quindi tanto gli arabi quanto i norvegesi, tanto gli italiani
quanto gli indiani della valle dell’Indo):
- negroide: la cosiddetta “razza
nera”, diffusa in Africa a sud del Sahara e nelle Americhe;
- mongoloide: la “razza gialla”
presente in tutta l’Asia orientale e comprendente anche gli eschimesi e gli
indios americani
- australoide: gli aborigeni
australiani e delle isole della Melanesia ed anche alcune popolazioni della
penisola indiana.
Un gruppo di aborigeni ed europei australiani
La scienza ha ormai accertato che
le razze non esistono e che possono esistere più differenze tra due individui
di una stessa popolazione, rispetto a quelle tra persone che vivono in comunità
distanti tra loro centinaia di migliaia di chilometri. Esistono, invece, le etnie,
che formano l’insieme delle culture della specie umana.
Il termine etnia (dal greco
éthnos, che significa “popolo”) indica una comunità formata da membri che
condividono un insieme di elementi culturali come la lingua, la religione, le
conoscenze, gli usi, le tradizioni, le idee politiche eccetera. Con il concetto
di etnia si fa riferimento al carattere storico e modificabile dei
comportamenti e degli stili di vita delle comunità umane. Le caratteristiche
etniche, pertanto, non dipendono da una predisposizione originaria e
immutabile, così come si riteneva avvenisse per le razze; per fare un esempio
semplicissimo, l’idea che il divorzio fosse una cosa immorale era piuttosto
diffusa soltanto pochi decenni fa, quando un referendum in Italia introdusse la
possibilità di sciogliere il vincolo del matrimonio (1970), mentre oggi nessuno
si scandalizza più per il divorzio di due coniugi. Tuttavia, talvolta si tende
a rappresentare alcune etnie come se i comportamenti dei loro membri
derivassero da predisposizioni connaturate e immutabili. Vengono espressi
stereotipi (cioè interpretazioni fondate su pregiudizi), come, ad esempio, che
un certo popolo non ama lavorare o è formato da persone disoneste: ancora oggi,
per fare un esempio, è diffuso lo stereotipo che gli italiani siano tutti
mafiosi. Ciò crea gravissimi equivoci e può essere utilizzato per una
propaganda politica apertamente xenofoba.
Manifestazione antirazzista a Londra nel marzo 2017
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