LA CIVILTÀ EUROPEA
L’Europa è un continente aperto,
privo di confini definitivi: a est solo una bassa catena montuosa, gli Urali,
la divide dall’Asia, di cui in fondo è solo una penisola; a sud il Mar
Mediterraneo ha permesso piuttosto facilmente i rapporti con l’Africa e il
Medio Oriente. Solo a nord, per la presenza dell’Artico, e a ovest, a causa
dell’oceano Atlantico, i contatti con il resto del mondo sono stati a lungo
impossibili.
Nell’immagine si vede chiaramente la massa compatta dell’Asia e
l’appendice frastagliata dell’Europa, che ne è solo una penisola a un’estremità
Pur così aperto, il nostro
continente ha sviluppato nei millenni delle caratteristiche culturali
assolutamente originali, che costituiscono quella che chiamiamo civiltà
europea, la quale si è progressivamente diffusa e affermata in quasi tutto il
resto del mondo.
Con il termine civiltà europea si
intendono sia i modi tipicamente europei di organizzare il territorio (mediante
la costruzione di città, la coltivazione delle campagne, le vie di
comunicazione terrestri o marittime, eccetera), sia le caratteristiche della
vita sociale, culturale ed economica del continente. Per esempio è in Europa
che è nata la moderna economia industriale e che si sono affermati, a partire
dal Settecento, i concetti di democrazia, libertà e uguaglianza dei cittadini.
Non tutta l’Europa, comunque, ha
contribuito in uguale misura al formarsi della civiltà europea: è stata
soprattutto l’Europa occidentale a creare i caratteri comuni del territorio e
dell’organizzazione socio-economica del continente. L’Europa occidentale
comprende gli Stati che si trovano nella parte più occidentale del
continentale, ossia l’Inghilterra, la Francia, la Germania, la Spagna e
l’Italia; a questi va aggiunta per importanza culturale la Grecia.
Nella cartina, in giallo gli Stati che maggiormente hanno contribuito
alla formazione della civiltà europea, in rosa quelli la cui importanza è meno
rilevante, in arancione la Grecia
Una breve sintesi della storia
europea comincia proprio dalla Grecia, la cui civiltà fu la prima ad affermarsi
in profondità nel territorio. Infatti, a differenza delle precedenti civiltà
fenicia e cretese, la civiltà greca non si limitò a costruire scali commerciali
sulle coste del Mediterraneo, ma creò una rete di popolose città, i cui
abitanti bonificarono i terreni circostanti, trasformandoli i campi
coltivabili, da cui ricavarono merci agricole pregiate (cereali, olio, vino) e
dominarono così i commerci marittimi per secoli.
La civiltà greca era organizzata
in poleis (al singolare polis), ossia città-stato autonome, dotate di un
proprio governo: in una di esse, Atene, venne sperimentata una prima forma di
governo democratico, in cui agli individui liberi erano riconosciuti uguali
diritti e la possibilità di partecipare alla vita politica. Le poleis furono la
culla del pensiero europeo occidentale, grazie all’opera di importanti filosofi
quali Aristotele, Platone, Talete, Pitagora, Socrate, che costruirono le basi
non solo della filosofia occidentale, ma anche dell’aritmetica, della geometria
e dell’astronomia moderne.
Per i Greci l’Europa coincideva
con lo spazio in cui era diffusa la loro civiltà, ossia l’area del Mar
Mediterraneo e del Mar Nero: al di fuori di essa c’era il territorio dominato
dalla tirannia, abitato da popoli barbari e privi di leggi.
Il Partenone di Atene, uno dei simboli più noti dell’antica civiltà
greca
Negli stessi secoli in cui ebbe
vita la civiltà greca l’Europa centro-settentrionale era meno popolata, non
aveva città e le comunità vivevano in villaggi o case isolate.
Furono i Romani a unire per primi
gran parte dell’Europa sotto un unico stato: a ovest giunsero fino alle isola
britanniche, a est fino al Reno e al Danubio nelle pianure settentrionali e
fino al Mar Nero nella penisola Balcanica, a sud fino alle coste nordafricane,
la valle del Nilo e l’Anatolia. Come i Greci consideravano barbari tutti i
popoli che abitavano al di fuori dei loro confini.
Nei territori da loro
amministrati i Romani disboscarono enormi aree rendendole coltivabili e
collegarono regioni lontane attraverso una rete stradale assai sviluppata.
Inoltre costruirono numerose città e ampliarono quelle esistenti, dotandole di
edifici e servizi pubblici, strade, ponti, acquedotti, fognature. La diffusione
di nuove tecniche agricole, idrauliche e di ingegneria civile contribuì alla
trasformazione di vasti territori fino ad allora privi o quasi di insediamenti
umani; in questi territori i Romani introdussero una lingua e una moneta uniche
e regolarono la vita civile sulla base di leggi che costituivano il diritto
romano, al quale tuttora si ispirano quasi tutti i sistemi giuridici degli
Stati europei moderni.
L’acquedotto romano du Pont du Garde in Francia, costruito nel 17 a.C.
Nei primi secoli dopo Cristo,
quindi, il territorio europeo era distinto in due aree molto diverse tra loro:
una vasta area sud-occidentale occupata dalla civiltà romana e provvista di una
fitta rete di città e strade, e un’altra area nord-orientale (Germania,
Polonia, paesi scandinavi, Russia), poco organizzata e abitata per lo più da
popolazioni nomadi.
A partire dal III secolo d.C. le
invasioni barbariche contribuirono al declino dell’impero romano, la cui parte
occidentale finì di esistere nel 476, mentre quella orientale resistette ancora
per molti secoli. Nell’Europa occidentale le guerre e i saccheggi distrussero
le città e le vie di comunicazione, fecero diminuire i commerci e i raccolti
dei campi, molti dei quali tornarono a essere ricoperti di boschi; la
popolazione si ridusse di numero, abbandonò le città e si rifugiò nelle
campagne e, mescolandosi con i nuovi popoli, cambiò le abitudini romane con
nuove usanze: per esempio dall’incontro della lingua latina con gli idiomi dei
popoli barbarici nacquero le diverse lingue che ancora oggi vengono parlate in
Europa.
Se da una parte i popoli cosiddetti barbarici hanno fatto crollare
l’Impero Romano,
dall’altra hanno contribuito con la loro cultura (testimoniata
da questo Tempietto longobardo
di Cividale del Friuli - Italia) alla formazione
della civiltà europea
Il sistema politico romano
fondato su un forte potere centrale fu sostituito dal feudalesimo, che
prevedeva che il governo di un territorio si basasse sulla fedeltà personale
tra un sovrano e dei signori locali; fedeltà che faceva presto a venir meno,
per interesse o per cupidigia, donde il continuo ricorso a guerre e violenze,
che segnarono tutti i secoli di questo periodo, chiamato Alto Medioevo.
Secoli nei quali la Chiesa
cattolica svolse un ruolo molto importante, non solo perché si impose come
religione dominante al posto del politeismo romano o barbarico, ma anche perché
trasformò il territorio: nelle campagne sorsero molti conventi e abbazie, dove
grazie ai monaci i campi continuarono a essere coltivati e irrigati e poterono
essere dei centri di produzione agricola a volte anche in grado di sostentare
una numerosa popolazione; nelle città i vescovi riuscirono spesso a mantenere
viva quella civiltà greco-romana, modificata secondo gli insegnamenti del
Cristianesimo, che i popoli barbarici avevano, pur ammirandola, fatta decadere.
Veduta aerea dell’abbazia di San Gallo in Svizzera
La ripresa economica e la
crescita demografica si ebbero dopo l’anno Mille, nel periodo del Basso
Medioevo; la novità che segnala la ripresa è data dallo sviluppo delle città,
che si affermarono come il luogo più favorevole per i traffici commerciali e le
attività artigianali, ma anche per lo sviluppo culturale e artistico che
culminò nel Quattrocento con il Rinascimento.
Fra il ‘200 e il ‘300 si
formarono i primi stati nazionali (Francia, Spagna, Inghilterra), che
costituiscono l’origine dei moderni stati europei.
Con la scoperta dell’America
(1492) e l’inizio dell’Età Moderna si registrò lo sviluppo economico degli
Stati occidentali che si affacciavano sull’oceano Atlantico: dapprima
Portogallo e Spagna, poi Francia, Inghilterra e Paesi Bassi.
Il Monumento alle Scoperte a Lisbona (Portogallo)
Dall’epoca delle scoperte
geografiche l’Europa affermò la sua supremazia sul mondo: gli Stati dell’Europa
occidentale diedero vita al colonialismo, cioè la conquista e lo sfruttamento
delle terre e delle popolazioni degli altri continenti. Ciò accadde prima in
America, poi in Asia, Africa e Oceania, dove le potenze europee imposero le
proprie lingue, le tradizioni culturali e religiose, i sistemi scolastici, gli
stili architettonici, le modalità di organizzazione dello Stato. Inoltre
diffusero un sistema economico a loro molto conveniente, così impostato: da una
parte traevano dalle colonie materie prime e prodotti agricoli sfruttando una
manodopera a basso costo o gli schiavi razziati in Africa; dall’altra
esportavano i prodotti delle manifatture o delle fabbriche europee nelle
colonie, costrette ad acquistare tali prodotti, poiché era loro proibito
produrseli da sé (quando le colonie del Nord America si rifiutarono di
accettare questa regola, scoppiò una guerra che portò alla nascita degli Stati
Uniti d’America, ma rimase un episodio isolato).
In rosa l’Impero britannico nel 1897
Il colonialismo permise agli
Stati europei di arricchirsi enormemente, in particolare all’Inghilterra che
nel Settecento poté usare gli ingenti capitali accumulati per ricercare nuove
modalità economiche e dar vita così alla rivoluzione industriale, un nuovo
sistema di produzione, incentrato sulla fabbrica, in grado di fornire merci in
serie e in grandi quantità con tempi e costi ridotti grazie all’impiego di
macchine.
Nell’Ottocento
l’industrializzazione si estese agli altri stati dell’Europa centro-occidentale
(e agli Stati Uniti d’America) e poi alle regioni meridionali e orientali,
rafforzando così la supremazia economica dell’Europa nel mondo.
La città di Sheffield (Inghilterra) in una litografia del 1855
L’industrializzazione trasformò
il territorio e le società nei Paesi coinvolti in tale processo, provocando
un’enorme crescita delle città, un vertiginoso aumento demografico, un continuo
progresso tecnologico e scientifico, che, nel Novecento, a causa delle due
guerre mondiali, permise agli U.S.A. di superare l’Europa e di diventare la
prima potenza economica del mondo. Gli Stati europei si trovarono in secondo
piano anche rispetto all’altro paese vincitore della Seconda guerra mondiale,
cioè la Russia, e solo nei decenni successivi alcuni di essi (Regno Unito,
Germania, Francia), così come il Giappone che la guerra l’aveva perduta,
seppero riprendersi. Nel frattempo la decolonizzazione, cioè la graduale
conquista dell’indipendenza da parte delle colonie africane e asiatiche, ha
contribuito allo sviluppo di nazioni come la Cina, l’India, il Brasile.
Alcuni degli spettacoli in programmazione al Grand Theatre di Shanghai
(Cina); essi sono un esempio di come
l’Europa abbia conquistato il mondo con la propria cultura
Viene da chiedersi a questo
punto: perché la civiltà europea seppe imporsi nei secoli in questo modo?
Perché era veramente superiore alle altre civiltà esistenti nel mondo, o perché
utilizzò senza scrupoli la propria forza e anche la propria arroganza spazzando
via tutto ciò che incontrò sulla sua strada? La storia ci dice degli stermini
praticati dagli europei nei confronti degli indios del Centro-America, o dei
pellerossa del nord, o degli aborigeni australiani; ci dice della vergogna
della tratta dei neri dall’Africa e delle guerre combattute tra europei stessi
per il predominio sul mondo. Ognuno deve trarre da questo le proprie
conclusioni, secondo la sua sensibilità ed educazione.
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