LA POPOLAZIONE EUROPEA
Con il termine popolazione si
intende l’insieme delle persone che vivono in un luogo: un paese, una città,
una regione, uno stato, un continente.
Lo studio della popolazione in un
dato luogo si chiama demografia (dal greco demos = popolo e grafia = scrittura
e quindi descrizione). La demografia si occupa non solo dello studio
quantitativo della popolazione, verificando le variazioni nel numero delle
persone che abitano un dato luogo e che è dovuto alle nascite e alle morti o
agli spostamenti (emigrazioni o immigrazioni), ma anche dei caratteri che una
popolazione ha in un determinato momento: la composizione per età, per
provenienza, per lavoro svolto, per caratteristiche etniche o culturali.
Gente di ogni tipo in una via di Londra
In questa lezione osserveremo la
composizione e alcuni di questi caratteri, relativamente alla popolazione
europea.
L’EVOLUZIONE DEMOGRAFICA IN
EUROPA
Un primo dato interessante nello
studio della popolazione europea è la sua evoluzione demografica. Osserva
l’immagine seguente:
Il grafico ci dà alcune
informazioni importanti:
-
la popolazione europea negli ultimi 2.000 anni si è
generalmente incrementata (cioè è aumentata) secolo dopo secolo;
-
solo in due periodi c’è stato un decremento (cioè un
calo): un primo momento tra il 400 e il 600 (cioè tra la fine dell’Età Antica e
l’inizio del Medioevo), quando l’Europa venne invasa dai popoli germanici che
fecero crollare l’Impero romano d’Occidente; un secondo momento nel XIV secolo,
quando le pestilenze (in particolare quella del 1348) provocarono milioni di
morti;
-
l’incremento demografico europeo è stato
particolarmente evidente a partire dal 1800, a causa del miglioramento delle
condizioni generali di vita (dovuto all’aumento della produzione agricola e
allo sviluppo dell’industria) e per merito dei progressi medici, che
provocarono un calo della mortalità infantile e riuscirono a curare molte
malattie prima mortali.
Osserviamo alcuni dati
demografici: l’Europa verso il 1750 aveva 140 milioni di abitanti; 100 anni
dopo, nel 1850, ne aveva 270, 50 anni dopo, nel 1900, quasi 400; nel 2000 la
popolazione europea era di più di 730 milioni di abitanti, con un incremento in
un secolo dell’82%.
Questo incremento è decisamente
notevole, però assume un altro significato se lo confrontiamo con l’incremento
che si è registrato nello stesso periodo in tutto il mondo e che è stato del
300%.
Perché la popolazione europea nel
XX secolo è cresciuta meno che nel resto del mondo?
La causa principale sta nel calo
delle nascite, che è in atto da alcuni decenni; infatti attualmente l’Europa è
a crescita zero, cioè il numero dei nuovi nati è pari o inferiore a quello dei
morti. In molti paesi europei la lenta crescita della popolazione deriva più
dall’innalzamento della durata media della vita che dal numero delle nascite;
l’innalzamento della durata media della vita degli europei è determinato dai
grandi progressi della medicina e dalle migliori qualità della vita
(l’alimentazione è più variata e più equilibrata, l’attività sportiva si è
diffusa, l’igiene personale e ambientale è migliorata, malgrado alcune forme di
inquinamento siano estremamente pericolose).
Oggi la maggior parte delle
famiglie hanno un solo figlio o due
|
Oggi i ragazzi e i giovani
fanno molto più sport che in passato
|
LA DISTRIBUZIONE DELLA
POPOLAZIONE IN EUROPA
Gli oltre 800 milioni di abitanti
attuali dell’Europa (dati del 2011) vivono in un territorio di 10,5 milioni di
km²: ciò determina una densità media della popolazione di 76 abitanti per km²,
che colloca per questo aspetto il nostro continente al secondo posto nel mondo,
dopo l’Asia.
Naturalmente la distribuzione
della popolazione europea sul territorio non è – come ovunque – uniforme.
Infatti a determinare tale distribuzione concorrono diversi fattori:
-
le caratteristiche del territorio (infatti le pianure
sono più popolate delle montagne, oppure le zone costiere lo sono più di quelle
interne);
Il paesino montano di Ernen
(Svizzera)
|
La cittadina di campagna di
Castelfranco Veneto (Italia)
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-
le condizioni climatiche (infatti le zone dal clima
mite sono preferite a quelle con climi estremi, molto freddi o molto caldi, o
con scarsità di precipitazioni);
Alnö, nella Svezia centrale
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Santorini, nell’arcipelago
delle Cicladi in Grecia
|
-
lo sviluppo economico (infatti le persone si spostano
facilmente dove le risorse agricole sono più abbondanti o dove lo sviluppo
industriale offre lavoro);
Paesaggio industrializzato
della Ruhr (Germania); le industrie attirano le persone, perché vi possono
trovare lavoro
|
-
le caratteristiche storiche (infatti la popolazione è
maggiore nelle aree che hanno permesso da secoli, se non da millenni,
l’insediamento umano – purché non siano cambiati nel tempo i 3 fattori
precedenti).
Questi diversi fattori spiegano
la distribuzione attuale della popolazione in Europa, che puoi osservare
nell’immagine seguente.
Puoi notare che l’area più popolata è quella che va dalla Gran Bretagna all’Italia, passando per il Benelux (termine un po’ desueto con cui si indica la regione formata da Belgio, Olanda, Lussemburgo), la Francia nord-orientale, la Germania, la Polonia meridionale e la Boemia, una regione della Repubblica Ceca.
Ci sono altre zone densamente
popolate (per esempio le coste della Penisola Iberica, o l’area lungo il
Danubio), ma la cartina mostra chiaramente la diminuzione di popolazione nel
Nord europeo (a causa delle temperature più basse), nell’area compresa tra Mar
nero e Mar Caspio (per la forte aridità) e nell’arco alpino (per la presenza
proprio delle Alpi).
L’ETÀ DELLE PERSONE
La popolazione di un Paese è
formata da persone di tutte le età: neonati, bambini, ragazzi, adulti, anziani
oltre i 65 anni.
Si chiama classe di età l’insieme
di tutte le persone che sono nate nello stesso anno solare: ad esempio tutti
gli adulti (maschi e femmine) nati nel 1980 appartengono alla stessa classe di
età.
Si chiama generazione l’insieme
delle persone che hanno un’età compresa in un certo intervallo di tempo,
generalmente 25 anni, ma anche meno: è quell’intervallo di tempo che una persona
impiega generalmente dal momento in cui nasce al momento in cui genera figli.
In Europa questo intervallo è di circa 30 anni, mentre nei paesi più poveri si
abbassa anche sotto i 20 anni, perché qui si generano figli a un’età inferiore.
Normalmente una famiglia è composta da 3 generazioni: figli, genitori, nonni.
L’innalzamento dell’età media delle persone fa sì che a volte una famiglia
comprenda anche la generazione dei bisnonni.
Neonati
Giovani
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Adulti
Anziani
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La categoria dei figli (o dei
giovani) comprende in generale le persone dal momento della nascita al
compimento dei 18 anni; comprende, cioè, i neonati, i bambini del primo ciclo
di istruzione, gli adolescenti che adempiono agli obblighi scolastici e si
preparano ad entrare nel mondo degli adulti (possono cioè per legge votare,
guidare l’automobile, aprire un conto personale in banca, disporre di
un’eredità, sposarsi senza chiedere il permesso ai genitori, ecc.).
Nei Paesi cosiddetti occidentali
(ad esempio quelli che fanno parte del’Unione Europea) il numero dei giovani è
in diminuzione, perché il tasso di fecondità (cioè il numero di bambini che una
donna mette al mondo) è compreso fra 1 e 2. È la cosiddetta crescita zero, di
cui abbiamo già parlato; essa sarebbe ancora più evidente, se non fosse per la
presenza dei cittadini immigrati dal Terzo Mondo, il cui tasso di fecondità è
superiore (in media più di 3 figli per donna).
Bambini a scuola
La categoria degli adulti è la
più numerosa, perché va dai 18 ai 65 anni. Comprende, pertanto, quei giovani
che completano il ciclo degli studi dopo le scuole superiori, frequentando
l’università, o che si formano professionalmente per svolgere un lavoro o che
entrano direttamente nel mondo del lavoro, dopo aver completato gli studi
obbligatori (qualcuno anche prima). Tutti coloro che iniziano un lavoro lo
praticano fino ai 65 anni, quando inizia l’età della pensione (che però è
variabile a seconda degli Stati o delle professioni svolte).
L’età adulta è quella in cui si è
alla ricerca del partner, ci si riproduce e si forma una famiglia. Rispetto al
passato le cose oggi sono un po’ cambiate; infatti, mentre un tempo ci si
sposava molto giovani e all’interno della famiglia i ruoli erano piuttosto
distinti (l’uomo lavorava e la donna rimaneva a casa ad accudire i figli), oggi
ci si sposa ad un’età più avanzata o non ci si sposa affatto, e sia l’uomo sia
la donna normalmente lavorano. Inoltre sono in aumento le convivenze tra
persone che hanno scelto di non sancire la loro unione con un matrimonio: sono
le cosiddette unioni civili – anche tra persone dello stesso sesso – che non
tutti i Paesi regolano con leggi adeguate e paritarie rispetto a chi ha
contratto un matrimonio legale.
Questo innalzamento dell’età in
cui ci si sposa (diffuso in tutta l’Europa) è dovuto alle difficoltà che i
giovani adulti d’oggi incontrano nel trovare lavoro e quindi nell’ottenere
quell’indipendenza economica, che permette di fare progetti di vita, tra cui
sposarsi e avere dei figli.
Un operaio lavora in una fabbrica della FIAT in Polonia
La categoria degli anziani (le
persone oltre i 65 anni) è in aumento, perché oggi si vive più a lungo: l’età
media di una donna è di 84,6 anni, di un uomo 79,8 [dati 2013]. Questo è dovuto
al miglioramento delle condizioni di vita: le persone hanno un maggiore e
migliore accesso al cibo, hanno più cura per l’igiene personale, possono
contare sui continui progressi medici, che hanno debellato alcune malattie e
ridotto la mortalità.
L’aumento della popolazione
anziana sta creando una serie di problemi (ma anche di opportunità), che non
tutti i Paesi europei sanno gestire adeguatamente. Gli anziani sono più soggetti
all’indebolimento fisico ed hanno maggiori necessità di cure mediche. Spesso
hanno bisogno di assistenza quotidiana e molti figli non riescono a dargliela,
perciò si rivolgono a persone estranee alla famiglia (in Italia si fa largo
ricorso a immigrati provenienti dall’Est europeo o dal Sud America) oppure a istituti privati (le case di
riposo). Gli anziani, inoltre, riscuotono una pensione e molti Stati si trovano
in difficoltà nel corrisponderle a chi ne ha diritto e vedono perciò aumentare
il loro debito pubblico.
Donne anziane in una casa di riposo
La statistica usa per descrivere
le persone di un Paese un grafico particolare, chiamato piramide della
popolazione (o piramide dell’età): esso distingue la popolazione in maschi e
femmine, che vengono raggruppati di solito per intervalli di 5 anni. È chiamato
piramide della popolazione, perché un tempo (ma ancora oggi nei paesi meno
sviluppati economicamente) esso assumeva proprio una forma piramidale, in
quanto a mano a mano che l’età delle persone aumenta, la percentuale sul totale
della popolazione diminuisce; in pratica la popolazione era (o è) composta più
da neonati-bambini-ragazzi che da adulti-anziani.
Lo puoi vedere osservando il
grafico della popolazione italiana nel 1861 (l’anno in cui l’Italia venne
unificata e si tenne il primo censimento della popolazione – un’indagine
statistica che ancora si ripete ogni 10 anni):
Oggi nei Paesi europei più
sviluppati il grafico della popolazione non assomiglia più a una piramide, ma
piuttosto a una botte (puoi vederlo nel grafico successivo, relativo alla
popolazione italiana nel 2011): ciò dipende dal fatto che il numero dei bambini
è diminuito, mentre è aumentato quello degli adulti. È sempre una conseguenza
del fatto che le nascite sono diminuite e la vita media si è allungata.
EMIGRAZIONE E IMMIGRAZIONE IN
EUROPA
L’Europa è popolata da persone di
ogni etnia, provenienti da ogni parte del mondo; d’altra parte in tutti i
continenti vivono e lavorano europei. Negli ultimi 500 anni milioni di Europei
hanno lasciato il nostro continente, per andare a stabilirsi prima in America,
poi in Asia e Oceania, dove oggi vivono i loro discendenti.
A parte il fenomeno della
colonizzazione europea nel resto del mondo (che merita un discorso ampio, di
carattere eminentemente storico), l’emigrazione europea in tempi più recenti
(tra la metà del secolo XIX e la metà del XX) ha avuto delle caratteristiche
particolari.
In primo luogo molti europei
emigrarono in America o in Oceania non come colonizzatori, ma come veri e
propri migranti, che, provenendo da zone povere o in cui il lavoro
scarseggiava, cercavano luoghi che offrissero migliori possibilità di vita. Il
fenomeno interessò fortemente l’Italia, da cui – tra il 1881 e il 1981 – 26
milioni di persone partirono verso l’Argentina, il Brasile e gli Stati Uniti
soprattutto, ma anche verso il Canada e l’Australia.
Una famiglia di emigranti a New York nel 1900
In secondo luogo l’Europa conobbe
anche una migrazione interna, ossia molti europei si spostarono dai Paesi più
poveri verso quelli più ricchi, in particolare Francia, Svizzera, Regno Unito,
Belgio e Germania. In Italia, inoltre, si ebbe un forte flusso migratorio (a
partire dalla fine dell’Ottocento) dalla campagna e dalla montagna verso la
città e un flusso ancora più massiccio (negli anni ’50 e ’60 del Novecento)
dalle regioni dell’Italia meridionale verso quelle settentrionali, in particolare
verso il cosiddetto triangolo industriale (Torino – Milano – Genova), dove le
industrie in piena espansione richiedevano manodopera.
Emigranti dell’Italia meridionale arrivano alla Stazione di Porta Nuova
a Torino negli anni ‘60
Oggi l’Europa non è quasi più
terra di emigranti; al contrario è diventata terra di immigrati, soprattutto
dall’Africa e dall’Asia. In Germania, Svizzera, Francia e Regno Unito questo
fenomeno è cominciato già negli anni ’50 e ’60 del XX secolo, mentre in Paesi
come l’Italia è più recente e ancora non ben assimilato. In realtà negli ultimi
anni problemi di incomprensione e di intolleranza tra immigrati e popolazione
locale sono presenti in molti Stati europei. Se i lavoratori stranieri sono
inoltre diversi per abitudini, mentalità, religione o “razza” dalla popolazione
autoctona del paese in cui vivono, si creano – soprattutto nei periodi di crisi
economica – fenomeni di xenofobia (cioè di odio estremo per tutto ciò che è
straniero) e di razzismo (cioè di odio e violenza verso gli appartenenti ad
un’altra “razza”), appoggiati in molti Stati da partiti politici che hanno programmi
fortemente ostili nei confronti degli stranieri. Questi fenomeni rendono
difficile il rapporto tra la comunità originaria del luogo e quella degli
immigrati, che diventa di reciproca diffidenza e a volte di violenza; per non
parlare dello sfruttamento a cui spesso gli immigrati sono soggetti, da quando
partono dal loro paese e arrivano in Europa in condizioni disumane, spesso
lasciandosi dietro centinaia di morti mentre cercano di attraversare il deserto
africano o il Mar Mediterraneo, fino a quando, se riescono a trovare un lavoro,
vengono sottopagati e non hanno tutti i diritti che spetterebbero a loro, come
a qualsiasi cittadino europeo. La realizzazione, in questo modo, di una società
multirazziale e multiculturale viene ostacolata e tuttavia essa si va
diffondendo comunque in tutta l’Europa.
Un barcone di migranti africani nel Mar Mediterraneo
Raccolta di arance in Calabria (a sinistra) e di pomodori in Francia
;)
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