La popolazione umana non è
distribuita in modo uniforme sulla superficie della terra: vi sono aree a
bassissima densità di popolazione, se non completamente spopolate, quali
l’Antartide, ed altre in cui vi è una fortissima concentrazione di abitanti, in
particolare nell’Europa centro-occidentale e nell’Asia orientale.
Nonostante i progressi tecnici
che rendono possibile la vita umana anche in condizioni ambientali sfavorevoli,
i popoli continuano a preferire le regioni più favorevoli, che corrispondono
alle aree storiche di insediamento. Perciò le regioni più densamente popolate
sono quelle dove il clima è temperato o caldo, o dove le precipitazioni, i fiumi
e i laghi forniscono una quantità d’acqua sufficiente per gli usi agricoli,
industriale e domestici, o dove il suolo è abbastanza fertile da permettere la
coltivazione e il pascolo, o lungo le fasce costiere che hanno permesso di
sviluppare il commercio e la pesca (non a caso il 75% della popolazione mondiale
vive a meno di 500 chilometri dal mare), o ancora dove non vi sono ostacoli
alle comunicazioni.
Folla in una città del Vietnam. Tutto il sud-est
asiatico è densamente popolato, proprio per i fattori elencati più sopra
L’insieme di questi fattori
spiega alcune caratteristiche dell’attuale distribuzione della popolazione: ad
esempio nelle zone temperate la densità è maggiore in pianura, dove il terreno
è più fertile e il clima meno rigido (il 60% della popolazione vive entro i 200
metri di altitudine sul livello del mare), mentre nelle zone equatoriali
troviamo spesso una densità maggiore in montagna, anche fino a 3.000 metri, perché
in pianura il clima è eccessivamente caldo, i suoli, ricoperti dalla foresta
equatoriale, sono poco fertili e a quote più alte non vivono molti agenti
portatori di malattie, come per esempio la zanzara causa della malaria.
La città di Iringa, in Tanzania, sorge a più di 1.500 metri s.l.m.
Dove invece le condizioni sono
meno favorevoli, la densità è molto bassa, ma nessuna area abitabile è del
tutto priva di insediamenti: persino in regioni molto inospitali, quali le
coste dell’Artico o il deserto del Sahara, vivono alcune popolazioni.
Anche le vicende storiche e lo
sviluppo economico hanno modificato la distribuzione della popolazione,
portando spesso a concentrazioni demografiche in alcune regioni, in particolare
in quelle più ricche, che sono sempre state meta di immigrazione.
Veduta notturna della valle del Nilo e della Mesopotamia dalla Stazione
Spaziale Internazionale (2016). Le due regioni sono alla base della civiltà
umana, proprio perché qui si sono formati primi insediamenti umani stabili
Gli insediamenti umani sulla
Terra sono molto diversi a seconda delle caratteristiche delle regioni in cui
si sono sviluppati e delle vicende storiche. Possiamo distinguere tre forme di
popolamento: nomade, rurale e urbano.
Le popolazioni che vivono in
regioni in cui le risorse naturali sono scarse, quali i deserti, le steppe
aride e la tundra, ma anche la foresta equatoriale, sono per lo più nomadi (o
seminomadi) e quindi si spostano nel corso dell’anno o dopo un certo numero di
anni di permanenza in un territorio. Le popolazioni di cacciatori e di pastori,
quali i mongoli della tundra asiatica, i lapponi della tundra europea o gli
esquimesi della tundra nord-americana, hanno sedi invernali e sedi estive,
poste vicino ai pascoli delle loro mandrie o nelle aree frequentate dagli
animali selvatici. Essi si trasferiscono dalle sedi invernali a quelle estive e
a volte vi sono sedi provvisorie, abitate nelle stagioni intermedie. Queste
popolazioni possono vivere, soprattutto nel periodo invernale, in villaggi
stabili con abitazioni in legno o in muratura, ma molte hanno abitazioni che
possono essere smontate e trasportate, come le tende degli indiani d’America e
dei tuareg, che vivono nel deserto africano, o come la yurta, una grande tenda
cilindrica con copertura a calotta, dei mongoli asiatici.
Una yurta mongola
Anche le popolazioni della
foresta equatoriale sono nomadi: alcune, come gli yanomami dell’Amazzonia,
vivono per un certo numero di anni in un villaggio, coltivando le terre vicine,
poi, quando queste si sono esaurite, si trasferiscono alla ricerca di nuove terre.
Ogni tribù però rimane sempre all’interno di un territorio ben definito. Altre
popolazioni della foresta, che vivono di caccia e di raccolta, come i pigmei,
si spostano con maggiore frequenza e costruiscono capanne molto semplici.
Pigmei Twa davanti alla loro semplicissima abitazione (Uganda)
Le popolazioni nomadi
costituiscono una percentuale ridottissima della popolazione terrestre, assai meno
dell’1%. Esse però vivono su aree abbastanza vaste, perché in un’area ristretta
le risorse fornite dal territorio sarebbero insufficienti. Le loro terre,
soprattutto nelle regioni ricoperte dalla foresta equatoriale, vengono spesso
occupate da altre popolazioni alla ricerca di terreni per il pascolo o
l’agricoltura, di minerali e di legname: così nella Nuova Guinea Occidentale le
popolazioni locali vengono scacciate dalle loro terre, assegnate dal governo
indonesiano a gruppi di immigrati provenienti da Giava.
Persone appartenenti a etnie marginali sulla Terra: da sinistra nella
Nuova Guinea Occidentale, in Brasile e in Namibia. Queste popolazioni
esercitano un grande fascino su noi occidentali, ma dimentichiamo facilmente
che esse costituiscono una percentuale ridottissima dell’umanità
Le popolazioni che si dedicano
principalmente all’agricoltura vivono soprattutto in villaggi di dimensioni più
o meno grandi, o in case isolate sparse per la campagna. L’aspetto di questi
villaggi cambia da regione a regione, in base ai materiali utilizzati, alla
disposizione delle abitazioni, alle tecniche di costruzione, ai tipi di
decorazioni, alla presenza di edifici di uso collettivo, quali il tempio o la
sala delle riunioni: esiste un’estrema varietà di insediamenti rurali sulla
superficie del nostro pianeta. Le foto seguenti te ne danno qualche parziale esempio.
Case sparse nella campagna irlandese
Casa rurale in Finlandia
Casa rurale in Russia
Casa rurale in Svizzera
Casa rurale in Grecia
Casa rurale negli Stati Uniti
Casa rurale a Cuba
Casa rurale in Colombia
Casa rurale in Brasile
Casa rurale in Marocco
Casa rurale in Nigeria
Casa rurale in Etiopia
Casa rurale in Sudafrica
Casa rurale in Cina
Casa rurale in Uzbekistan
Casa rurale in Nepal
Casa rurale in India
Casa rurale in Myanmar
Casa rurale in Australia
Casa rurale in Nuova Zelanda
Un’Airai Bai (ossia una tradizionale casa di ritrovo per gli uomini)
nell'arcipelago delle Palau
Oggi vive in campagna meno del
50% della popolazione: nel 2006 infatti, per la prima volta nella storia, la
popolazione delle città ha superato quella rurale. L’aumento della popolazione
urbana è dovuto soprattutto alla forte crescita demografica negli ultimi
decenni e al fatto che molti contadini migrano in massa dalle campagne alle
città, dove sono migliori le possibilità lavorative e le condizioni di vita. In
molte regioni dell’Africa, dell’America meridionale e dell’Asia la pratica
dell’agricoltura non garantisce condizioni di vita adeguate, inoltre le grandi
imprese straniere (europee o nord-americane) occupano le terre migliori e le
coltivano con mezzi moderni, che richiedono una scarsa manodopera, oppure
evitano la coltivazione dei campi, preferendo utilizzare le risorse del
sottosuolo.
Sebbene l’aumento della
popolazione urbana riguardi tutto il pianeta, vi sono ancora forti differenze
tra Stati e regioni: ad esempio la popolazione rurale (secondo i dati della CIA
del 2015) è del tutto assente in alcuni piccoli Stati formati da zone
unicamente cittadine (come Città del Vaticano, Singapore, Hong Kong, Macao); è
a livelli inferiori al 10% in Qatar (0,8%), Belgio (2,1), Uruguay (4,7),
Giappone (6,5), Israele (7,9), Argentina (8,2); è tra il 10 e il 20% in Cile
(10,5), Australia (10,6), Venezuela (11), Libano (12,2), Nuova Zelanda (13,7),
Brasile (14,3), Arabia Saudita (16,9), Corea del Sud (17,5), Canada (18,2), gli
Stati Uniti (18,4). In Russia è del 26%, in Italia del 31%, in Cina del 44,4%,
in India del 67,3%, in Afghanistan del 73,3%, in Cambogia del 79,3%, in Etiopia
dell’80,5%, in Papua Nuova Guinea dell’87%.
Cartina con la popolazione rurale nel 2015 sulla Terra
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