IL PIANETA TERRA: LA SUPERFICIE
La superficie della Terra è
coperta per il 70% da uno strato d’acqua, che forma oceani e mari: esso ha uno
spessore massimo di circa 11
chilometri e circonda completamente le terre emerse.
Queste non sono unite le une alle altre, ma formano alcune grandi masse
continentali, ognuna delle quali è circondata dall’oceano:
- l’America, che per ragioni
fisiche (la presenza di due grandi masse unite da un istmo relativamente
sottile) viene anche distinta in America del Nord e America del Sud;
- l’Eurasia, che forma un blocco
fisico unico, ma che per motivi storico-culturali viene distinta in Europa e
Asia;
- l’Africa, un tozzo blocco
terrestre unito all’Asia dal sottile istmo di Suez;
- l’Oceania, formata dalla grande
massa dell’Australia, dalle isole della Nuova Zelanda e della Nuova Guinea (ma
solo la parte orientale viene considerata appartenente a questo continente) e
da una serie di isole minori sparpagliate nell’oceano;
- l’Antartide, la massa terrestre
che ricopre il Polo Sud.
La presenza di questi continenti fa sì che la massa d’acqua
sulla superficie terrestre venga distinta in 3 grandi oceani, collegati l’uno
all’altro: il Pacifico, l’Atlantico, l’Indiano.
I continenti e gli oceani
attuali, però, non hanno sempre avuto le forme attuali; per comprendere i
cambiamenti avvenuti sulla superficie del nostro pianeta, bisogna considerare
la composizione della Terra e in particolare della sua superficie, che è assai
più complessa di quanto può apparire osservando un planisfero.
La Terra, infatti, non è
omogenea, ma è formata da strati diversi: al centro vi è un nucleo (si
distingue solitamente un nucleo interno da un nucleo esterno), che ha un raggio
di circa 3.500
chilometri ed è in parte liquido e in parte solido; esso
è circondato da uno strato dello spessore di quasi 3.000 chilometri
chiamato mantello; più esternamente si trova la crosta terrestre, che ha uno
spessore variabile tra i 4 e i 70 chilometri.
Le temperature degli strati più
interni della Terra sono certamente molto più alte di quelle superficiali, ma
non siamo attualmente in grado di misurarle e non conosciamo con sicurezza
neppure la composizione del mantello e del nucleo; su di essi gli scienziati
possono solo formulare ipotesi.
Conosciamo sicuramente meglio la
crosta terrestre: sappiamo che non è uno strato uniforme, in quanto varia sia
per la composizione, sia per lo spessore. In base a questi elementi vengono
distinti due tipi di crosta terrestre: quella oceanica e quella continentale.
Essi però non coincidono
perfettamente con le aree coperte dagli oceani o occupate dai continenti:
mentre la crosta oceanica è completamente sommersa dall’acqua, quella
continentale, anche se emerge in gran parte, presenta vaste aree sommerse, che
prendono il nome di piattaforma continentale.
Come la crosta continentale,
anche la crosta oceanica presenta dei rilievi, tra cui i più importanti sono le
dorsali: esse si estendono per quasi 80.000 chilometri
attraverso gli oceani. Nell’oceano Atlantico e nell’oceano Indiano esse si
trovano ad uguale distanza dai continenti, nell’oceano Pacifico e nel Mar
glaciale Artico esse hanno invece un andamento meno regolare. In alcune aree
ristrette, dove esiste una notevole attività vulcanica, le dorsali possono
emergere dal mare, come avviene in Islanda.
La dorsale medio-atlantica, che affiora nell’Islanda di sud-ovest nel parco
nazionale di Þingvellir:
la spaccatura centrale divide la zolla nord-americana
(a sinistra) da quella euroasiatica
Oltre alle dorsali sono presenti
fosse, ossia delle depressioni che superano anche i 10 chilometri (la più
profonda è la Fossa delle Marianne, che si trova tra Giappone e l’isola di
Papua Nuova Guinea e raggiunge gli 11 chilometri); le
fosse si trovano prevalentemente nell’oceano Pacifico e spesso vicino ad esse
si sono formate delle isole disposte ad arco ed estese anche per molte
centinaia di chilometri.
Disegno ricostruttivo della Fossa delle Marianne, della sua
collocazione e della fauna che vi vive
Sappiamo da tempo che la crosta
terrestre è soggetta a grandi movimenti di sollevamento e di abbassamento: ad
esempio in prossimità della cima dell’Everest, la più alta montagna della
Terra, sono state ritrovate rocce sedimentarie di origine marina, che
dimostrano come questa zona un tempo fosse sommersa dal mare. Oggi gli
scienziati collegano questi fenomeni agli spostamenti delle zolle (o placche)
in cui è divisa la crosta terrestre; le principali sono una decina e
comprendono intere masse continentali o parte di esse, quali le zolle
nord’americana, sud-americana, eurasiatica, africana, indo-australiana,
arabica, pacifica.
Nuove zolle si possono creare nel
tempo per il frantumarsi di quelle esistenti: ad esempio la zolla africana si
sta spaccando in due lungo una frattura, detta Rift Valley, che si sta
allargando progressivamente.
Veduta aerea del lago Malawi (tra Malawi e Mozambico), il più
meridionale dei laghi che si sono formati nella spaccatura della Rift Valley
Le zolle sono blocchi rigidi, che
si spostano scivolando sulle masse fluidi sottostanti: questo fenomeno fu
ipotizzato dallo scienziato tedesco Alfred Wegener, che formulò la teoria della
deriva dei continenti in un libro pubblicato nel 1915. Tale teoria (nata dalla
semplice osservazione della conformazione simile delle coste dell’Africa
orientale e dell’America meridionale) è stata confermata da studi successivi ed
oggi la teoria chiamata della tettonica a zolle ci dà le prove di questo
movimento dei continenti e anche della sua velocità: sappiamo che attualmente
l’America si allontana dall’Europa di circa due centimetri l’anno. Lo studio di
alcune caratteristiche delle rocce ci ha permesso di comprendere anche quale
fosse la disposizione dei continenti in passato: in particolare sappiamo che
gli attuali continenti si formarono in seguito alla divisione, avvenuta oltre
200 milioni di anni fa, di un unico grande continente, che gli scienziati
chiamano Terra di Gondwana.
Ricostruzione dei continenti 200 milioni di anni fa circa, quando il
blocco della Terra di Gondwana cominciò a spezzarsi in masse più piccole
Sulle cause del movimento delle
zolle esistono diverse ipotesi, su cui non tutti gli scienziati sono pienamente
d’accordo. Sappiamo che questo movimento è reso possibile dal calore che si
produce nel mantello terrestre e nel nucleo (per la presenza in essi di
materiali radioattivi) e che porta alla fusione di alcune rocce e alla
formazione di magma: il magma infatti è costituito da rocce fuse, in cui si
possono a volte trovare frammenti di rocce allo stato solido e gas disciolti.
Secondo molti scienziati al di sotto delle zolle si formerebbero vere e proprie
correnti magmatiche, che provocherebbero lo spostamento delle zolle stesse;
semplificando, si potrebbe dire che le zolle sono come delle gigantesche
zattere mosse da un mare di magma.
Il materiale magmatico
proveniente dal mantello può anche uscire in superficie. Ciò avviene in
particolare lungo i margini oceanici delle zolle, dove la crosta terrestre è
più sottile: qui il materiale che fuoriesce, ad alta temperatura e perciò fuso,
si raffredda al contatto con l’acqua e forma nuove rocce. È in questo modo che
si sono formate le dorsali oceaniche. Una riprova di questa ipotesi è data dal
fatto che, poiché l’emissione di magma e il movimento delle zolle sono
continui, lungo le dorsali oceaniche troviamo rocce di formazione molto
recente, mentre man mano che ci si allontana dalle dorsali si incontrano rocce
di formazione più antica.
Magma solidificato sul fondo dell’oceano; le dorsali sono formate da
questo tipo di rocce
Se le dorsali, dunque, costituiscono
i margini in accrescimento del nostro pianeta (cioè, per dirla in termini più
semplici, gli spazi al margine di una zolla in cui nuovi rilievi si formano),
le fosse oceaniche sono invece i margini consuntivi, cioè le zone in cui una
zolla, spinta dalle correnti magmatiche, sprofonda fino a scomparire nel
mantello. Dalla zolla che sprofonda, però, si staccano sedimenti che si
accumulano ai lati della fossa, formando rilievi sottomarini che possono
crescere fino ad emergere dalle acque e creando così gli archi di isole di cui
si è detto prima.
Il movimento delle zolle e gli
scambi continui di materia tra crosta terrestre e mantello sono all’origine
della formazione delle montagne, dei fenomeni vulcanici e dei terremoti, che si
manifestano nelle zone marginali delle placche.
L’isola di Simushir, cha fa parte dell’arcipelago delle Curili
(Russia);
non solo l’arcipelago ha una forma ad arco, ma tutte le isole che lo
compongono si caratterizzano
per la forma lunga e stretta, la presenza di
vulcani e i frequenti terremoti
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