LE FONTI DI ENERGIA
Ci sono due tipi fondamentali di
fonti di energia usate dall’uomo:
- le fonti primarie, che possono
produrre direttamente energia, come il sole, l’acqua, la legna, il carbone, il
gas, eccetera
- le fonti secondarie, che
derivano dalla trasformazione delle fonti primarie, tra le quali la più
importante è l’energia elettrica, che può essere prodotta impiegando carbone,
gas, acqua, eccetera.
Un’altra importante distinzione è
quella tra fonti rinnovabili (il calore solare, o l’acqua) e fonti non
rinnovabili, ad esempio i combustibili fossili (carbone, petrolio), le cui
riserve prima o poi si esauriranno.
Per millenni l’uomo ha avuto a
disposizione solo l’energia muscolare propria o quella degli animali e l’energia
naturale ricavabile dalla legna da ardere, o dall’acqua e dal vento, con cui ha
fatto funzionare macchine come i mulini.
Vecchio mulino ad acqua nel nord della Francia
Con la rivoluzione industriale ha
avuto bisogno di grandi quantità di energia, che ha prodotto prima utilizzando
il carbone, poi il petrolio e i minerali radioattivi.
La produzione e il consumo di
energia sono aumentati soprattutto dopo la scoperta nel XIX secolo dell’energia
elettrica. Essa oggi viene prodotta in quattro principali tipi di centrali:
1-
le centrali idroelettriche, che sfruttano la caduta
delle acque dei fiumi o dei laghi
2-
le centrali termoelettriche, che producono elettricità
bruciando carbone, gas o petrolio
3-
le centrali geotermiche, che sfruttano il calore
proveniente dal sottosuolo, attraverso fenomeni naturali di tipo vulcanico,
come i soffioni boraciferi o i geyser, ampiamente utilizzati in uno Stato che
ne è ricco come l’Islanda
La centrale geotermica Reykjanes in Islanda
4-
le centrali termonucleari, che utilizzano come
combustibile alcuni minerali radioattivi, tra cui l’uranio.
Del carbone e del petrolio si è
già detto nella lezione “Le attività estrattive”; soffermiamoci ora sull’energia
nucleare.
Essa si ottiene attraverso il
processo di fissione del nucleo dell’atomo, ossia la rottura del nucleo
mediante bombardamento con particelle. L’energia nucleare fu utilizzata per la
prima volta a scopi militari durante la Seconda guerra mondiale, quando, per
costringere il Giappone alla resa, gli U.S.A. sganciarono una bomba atomica (o
nucleare, basata appunto sulla fissione nucleare) sulla città di Hiroshima il 6
agosto 1945. Dopo la guerra la fissione dell’atomo cominciò ad essere
utilizzata anche a scopi pacifici per la produzione di energia elettrica;
vennero create centrali nucleari in tutti i Paesi industrializzati, Italia
compresa.
La centrale nucleare di Doel (Belgio) costruita attorno agli anni
Settanta
Per produrre energia elettrica
mediante una centrale termonucleare è necessario utilizzare l’uranio, un
elemento che emette una particolare specie di raggi ed è perciò detto
radioattivo. Gli attuali reattori nucleari (cioè i dispositivi che utilizzano
le reazioni nucleari per fornire energia) utilizzano però solo una percentuale
minima del contenuto energetico dell’uranio (circa l’1%), perché ne sfruttano
solo un componente chiamato isotopo 235. Da anni si sta studiando il metodo di
utilizzare interamente l’uranio, o la possibilità di creare energia nucleare
non attraverso la fissione, bensì attraverso la fusione, cioè la formazione di
un unico nucleo dall’unione di più nuclei; però finora si è stati solo in grado
di fare interessanti sperimentazioni, ma non di produrre energia per scopi
civili con questo processo.
Negli anni Sessanta del secolo
scorso l’energia nucleare fu considerata la soluzione del problema energetico
(il bisogno costante di produrre energia per la nostra società
industrializzata): si trattava infatti di una fonte inesauribile, a basso costo,
che sembrava destinata a sostituire le altre fonti di energia. Però ben presto
risultò evidente che questo tipo di energia presenta diversi pericoli e lascia
aperti numerosi problemi; in tutto il mondo si formarono schieramenti a favore
del nucleare e schieramenti contrari, entrambi con le loro motivazioni
giustificate.
Una recente manifestazione antinucleare a Taipei (Taiwan)
Per essere sicure, le centrali
nucleari dovrebbero garantire l’assoluto controllo della radioattività (l’emissione
di raggi), perché l’esposizione a materiale radioattivo, come l’uranio, può
provocare la morte immediata, se la dose è molto forte, o a distanza di anni,
perché favorisce la formazione di tumori. Nelle centrali si produce inoltre
plutonio (un elemento radioattivo artificiale), che per l’uomo è estremamente
tossico.
La radioattività non danneggia
solo le persone direttamente colpite, ma anche i figli non ancora nati e i
discendenti: i genitori colpiti da radiazioni rischiano di generare bambini
deformi o già malati, destinati a morire in breve tempo, e anche i figli sani
possono generare a loro volta – fino alla quinta generazione – figli deformi o
portatori di malattie mortali.
A una mostra nelle Filippine organizzata da Greenpeace sulle
conseguenze delle radiazioni sugli esseri umani
Le centrali nucleari, inoltre,
possono subire degli incidenti; uno dei primi che vennero a conoscenza della
pubblica opinione fu quello del 1979 all’impianto di Three Mile Island, in
Pennsylavia, U.S.A., che ne provocò la chiusura e un monitoraggio non ancora
concluso, in vista di un possibile smantellamento.
Gravissimo fu l’incidente che si
verificò a Chernobyl, in Ucraina, nel 1986: qui il nocciolo di uno dei reattori
si fuse, emanando un’enorme quantità di radiazioni, che provocò la morte di 65
persone e di altri 4.000 decessi per tumori in un periodo di 80 anni dall’incidente,
ma questi dati ufficiali sono contestati da numerose associazioni antinucleariste
internazionali, come Greenpeace, che stima invece in 6 milioni il numero di
persone che sono morte o moriranno in seguito alle radiazioni. Nei giorni
successivi all’incidente la radioattività si diffuse in tutta Europa,
contaminando vegetali e animali, per cui divenne pericoloso mangiare verdure
fresche e bere latte; la zona attorno alla centrale venne evacuata ed è stata completamente
abbandonata.
Pryp'jat', a 3 km dalla centrale di
Chernobyl, è oggi una città fantasma
Coloro che sono favorevoli al
nucleare sostengono che il disastro di Chernobyl sia unico e irripetibile e che
le centrali nucleari sono sempre più sicure; nel mondo ce ne sono in funzione
più di 440, di cui la metà in Europa, e per molti anni non ci sono più stati
gravi incidenti. Almeno fino al 2011, quando la centrale di Fukushima Dai-ichi,
in Giappone, non ha subito quattro distinti incidenti, in seguito a un
terremoto-maremoto; la zona in cui sorge la centrale è stata evacuata per
chilometri ed è ignoto il numero di persone che sono state contaminate e che
moriranno nei prossimi anni, ma l’incidente ha sicuramente convinto molte
persone (e forse anche qualche governo) di quanto il ricorso all’energia
nucleare non sia per niente sicuro.
Un’immagine dell’incidente alla centrale di Fukushima Dai-ichi
Del resto, se anche non si
verificano incidenti, c’è un altro aspetto assai delicato in questo tipo di
fonte di energia: quello delle scorie. Infatti i materiali di rifiuto prodotti
durante la lavorazione dell’uranio rimangono radioattivi per un lunghissimo
periodo di tempo, oltre un milione di anni. Se questi materiali venissero a
contatto con l’ambiente, magari in seguito a un terremoto, si verificherebbe
una contaminazione radioattiva, con le conseguenze che sono state già
descritte; nessuno, perciò, vuole depositi di scorie vicino alla propria casa. Le
soluzioni che sono state pensate per risolvere il problema (dal lancio nello
spazio alla sepoltura in grandi depositi di sale) non sono fattibili, né in
termini di sicurezza, né di costo economico, pertanto le scorie vengono
stoccate in bunker sotterranei, accuratamente scelti e monitorati, ma sulla cui
totale sicurezza nessuno è disposto a scommettere.
Problemi di sicurezza ci sono
anche nell’estrazione dell’uranio, poiché è un’attività altamente pericolosa e
molti di coloro che lavorano nelle miniere di uranio muoiono, perché sono
esposti a dosi letali di radiazioni. È successo, per esempio, a molti minatori
Navajos, che negli anni Cinquanta del XX secolo lavoravano in miniere che si
trovavano nelle loro terre. Attualmente i maggiori produttori di uranio sono l’Australia,
il Kazakistan, il Canada, la Russia, il Sudafrica, la Namibia, il Niger e il
Brasile, Stati che devono fare i conti ancora oggi con questo problema.
La Miniera
Rössing vicino a Arandis, in Namibia, è una delle più grandi miniere di
uranio a cielo aperto del mondo
Tutte queste problematiche hanno
limitato in alcuni Stati i programmi di costruzione di centrali nucleari; per
esempio in Italia il disastro di Chernobyl ha portato a un referendum
(votazione) popolare nel 1987,
in seguito al quale nel nostro Paese sono state dismesse
le centrali esistenti ed è stata negata la possibilità di costruirne di nuove.
Ai problemi del nucleare vanno
aggiunti due altri fatti importanti per la nostra società industrializzata:
- i combustibili fossili sono
destinati ad esaurirsi nel giro di circa un secolo (se non prima);
- il loro impiego sta creando
gravi conseguenze ambientali, a cominciare dall’aumento della temperatura
terrestre.
Di qui la spinta inevitabile alla
ricerca di sistemi per la produzione di energia, che siano meno pericolosi per
l’ambiente e che sfruttino le fonti rinnovabili: si tratta delle cosiddette
fonti di energia alternativa.
La prima è quella da cui dipende
tutta la vita sulla Terra, cioè l’energia solare, responsabile della sintesi
clorofilliana che fa crescere le piante, così come del ciclo dell’acqua che
porta all’evaporazione e alle precipitazioni. L’energia solare è presente in
tutto il pianeta ed è maggiore nelle regioni più vicine all’equatore, dove l’irraggiamento
solare è più forte. Essa però non è facilmente sfruttabile su larga scala: le
centrali solari hanno ancora basse rese, perché la quantità di energia solare
utilizzabile è ridotta.
Andasol 1, la
prima centrale ad energia solare prodotta in Spagna, nella provincia di Granada
È molto più produttiva se viene
usata per il riscaldamento delle case o dell’acqua, attraverso i pannelli
solari collocati, per esempio, sui tetti delle case; l’applicazione di questi
pannelli permette di ridurre tutti i consumi energetici domestici e perciò il
loro uso si sta diffondendo in molti Stati europei.
Un’altra energia alternativa è
quella eolica, sfruttata da tempi molto antichi attraverso i mulini a vento. Attualmente
generatori di elettricità azionati dal vento (le cosiddette pale eoliche) sono
in funzione in diversi Stati europei e contribuiscono a segnarne il paesaggio
in maniera fondamentale, soprattutto nelle regioni più settentrionali.
Pale eoliche nei pressi di Copenaghen (Danimarca)
Da tempi piuttosto recenti si è
cercato di produrre energia anche sfruttando le maree, ossia il costante
innalzamento e abbassamento del mare: nel 1966 è entrata in funzione la prima
centrale mareomotrice in Bretagna (Francia), alla foce del fiume Rance. Le maree
possono essere sfruttate per produrre energia esclusivamente dove il dislivello
tra l’alta e la bassa marea sia notevole, come nell’oceano Atlantico; altrove,
come nel mar Mediterraneo, si tratterebbe di un investimento poco redditizio. Ma
anche in riva all’Atlantico questo tipo di centrali è molto costoso rispetto
alla produzione finale di energia e ha rivelato alcuni problemi ambientali,
quali l’erosione delle coste.
Veduta aerea sulla centrale mareomotrice alla foce del fiume Rance
(Francia)
Lo stesso può dirsi della
produzione di energia dal movimento delle onde del mare; in questo caso,
inoltre, l’intensità delle onde è molto irregolare e spesso insufficiente per
avere una quantità apprezzabile di energia.
Ci sono altre possibilità di
produrre energia, per esempio utilizzando il calore di scarico degli impianti
industriali e delle centrali elettriche, oppure recuperando i rifiuti urbani, o
sfruttando biomasse, quali grano, mais, canna da zucchero, eccetera. Complessivamente,
però, le fonti alternative forniscono oggi solo una piccola parte dell’energia
necessaria, soprattutto di quella utilizzata dalle industrie;
contemporaneamente il diffondersi dell’industrializzazione nel mondo, fa crescere
sempre più il fabbisogno energetico (nonché l’inquinamento).
Per questo la ricerca delle fonti
alternative è in continuo sviluppo e si accompagna anche agli studi sul
risparmio energetico, al fine di evitare gli sprechi della società attuale, non
solo nelle lavorazioni industriali, ma anche negli usi domestici più comuni; in
fondo è molto semplice spegnere la luce in una stanza, quando non viene usata.
Universe of Energy, un padiglione nel Walt Disney World Resort a Bay
Lake, Florida (USA):
il futuro sarà davvero pieno di energia?